Scrivo questa riflessione dopo avere ascoltato i telegiornali di venerdì 6 aprile.
Si dà conto delle reazioni dei giornali economici europei alla presentazione del disegno di legge di riforma del mercato del lavoro del Governo Monti.
Si sostiene che il Professore abbia perso la spinta propulsiva, che abbia piegato la testa davanti alle proteste dei sindacati e che abbia annacquato la sua riforma, prevedendo la possibilità di reintegro del lavoratore licenziato, nel caso che un giudice riconosca la non fondatezza delle motivazioni economiche addotte.
Adesso dovrebbe essere per tutti molto più chiaro, l'art.18 non c'entra nulla con la crescita, nessuno crede che la sua presenza nel nostro ordinamento giuridico disincentivi gli investimenti, la questione è il potere discrezionale del datore di lavoro e il suo assoluto controllo sui dipendenti.
Si vuole tornare agli anni 60 quando il lavoro era una zona franca, senze tutele e senza diritti e il padrone poteva fare ciò che voleva, come ad esempio licenziare senza alcun motivo, sottoponendo i propri dipendenti ad un ricatto permanente.
Oggi, con la scusa della crisi, si vuole tornare indietro, si vogliono riportare le lancette dell'orologio indietro di decenni, tutti devono capire chi è comanda nelle aziende.
Marchionne si è fatto interprete di questa linea e ciò che succede negli stabilimenti Fiat è la rappresentazione plastica di quello che vogliono fare nel mondo del lavoro.
A nessuno interessa che cosa contiene il provvedimneto, per i mercati per dare fiducia all'Italia sarebbe stato sufficiente un solo articolo: "L'articolo 18 della legge 20 maggio 1970 n.300 è abrogato". In questo Monti, per nostra fortuna, ha fallito.
Ed è logico attendersi le vendette, aumento dello spread e minacce di nuove manovre. Il copione è già scritto e lo reciteranno come già fatto.
Io leggerò attentamente quanto contenuto nelle 80 pagine del disegno di legge depositato nelle aule parlamentari ma non sono lontano dal vero se ritengo che è solo acqua fresca, un maquillage fatto nemmeno tanto bene a norme legislative che hanno tolto la dignità al lavoro, trasformandolo in una merce, che si compra quando serve, si accantona quando può servire, si butta quando non serve più.
Peccato, però, questa merce è fatta da carne, da sangue, da nervi, da passioni, da amore.
E' merce fatta da donne e da uomini che vogliono solo vivere la loro vità con dignità e rispetto.
Non facciamoci calpestare.
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