venerdì 27 marzo 2015

E finalmente la guerra scoppió. Da che parte stare?

Da anni assistevamo alla guerra non dichiarata tra Iran e Arabia Saudita. Si scontravano per interposta persona, non venendo mai in contatto diretto ma utilizzando tutti gli strumenti cui dispongono: risorse, petrolio, armi, interpretazioni coraniche.
Non in ultimo, fomentando terrorismo e quella che gli analisti militari chiamano le guerre asimmetriche. 
Guerra a cui è stata cucita anche un vestito religioso: gli sciiti contro i sunniti e i sunniti contro gli sciiti.
È stato cosi in Afganistan, in Irak e, spesso, all'interno delle "primavere arabe".
Con molta superficialità siamo stati indotti a pensare che gli sciiti fossero gli integralisti al contrario dei sunniti che erano considerati parte dell'islamismo moderato con il quale collaborare.
Si è arrivato al punto di accettare, perché strumentale nella guerra contro il regime siriano,  che l'Arabia finanziasse l'Isis, che, guarda caso, dedica parecchia "attenzione" alle moschee sciite.
Ci hanno fatto credere che l'Arabia Saudita fosse indispensabile per combattere gli stati canaglia e il terrorismo.
Per poi scoprire che in Arabia le donne non possono guidare, dove gli adulteri sono lapidati,  dove si può essere condannati alla fustigazione, in poche parole tutto ciò che ha giustificato le bombe in Iraq e in Libia,  senza che le menti aperte dell'occidente abbiamo mai manifestato o pensato che somministrare qualche puntura di democrazia facesse bene. 
Oggi, quello che sta accadendo in Yemen ci fa svegliare: le due potenze regionali sono venuti allo scontro diretto.
Ed è guerra tra Iran e Arabia Saudita. 
Adesso siamo difronte a un interessante quesito: con chi stare?
Tutto torna sempre.

giovedì 26 marzo 2015

Chiudere la stalla dopo che i buoi sono scappati. Il Pd e il caso Agrigento.

Leggo (link all'articolo) che il segretario regionale del PD, sorpreso dalle dichiarazioni del vincitore delle primarie di Agrigento, ha convocato una riunione per approfondire la questione.
Che fiuto politico e che tempismo.
Chiedere una riunione a risultato acquisito e non prima del voto, denuncia una non spiccata intelligenza politica.
Mi chiedo, se non ci fosse stato il clamore mediatico che la vicenda ha suscitato, avrebbe chiesto lo stesso di tenere la riunione o non, al contrario, avrebbe considerato il risultato un successo del suo partito?
Comportamento da manuale. Complimenti 

martedì 24 marzo 2015

Se la solidarietà diventa un business, il terzo settore (quello vero) ne paga le conseguenze

Presa Diretta, il programma di giornalismo d'inchiesta di Rai Tre, ha dedicato la puntata del 22 marzo, all'intreccio politico affaristico (a Roma anche qualcosa di più) del sistema dell'accoglienza degli immigrati che ha coinvolto pezzi di terzo settore e la politica che, utilizzando le "emergenze", hanno lucrato, fatto affari, sviluppato clientele, ramificandosi nei gangli della pubblica amministrazione, rendendo impossibile distinguere il corrotto dal corruttore. 
Abbiamo visto come dei "cooperatori sociali", facendosi forti dei rapporti con i decisori politici, si sono trasformati in business man, in barba a qualunque principio di solidarietà e di mutuo aiuto.
Il rischio che oggi si corre è che una frettolosa, quanto mai inopportuna generalizzazione spinga a una criminalizzazione del mondo del non profit e del terzo settore in genere.
A essere colpiti da quanto è emerso sono innanzitutto gli immigrati, la cui condizione è diventata lo strumento di arricchimento e poi, se permettete, il terzo settore. Quello vero.
Quello fatto da milioni di cittadini che donano una parte del loro tempo agli altri, dedicandosi alla cura dei beni comuni, delle persone, dei soggetti fragili.
Immaginiamo cosa sarebbero le periferie della nostre città senza la presenza di volontari che nelle sacrestie, in garage umidi fanno doposcuola, attività educative e di socializzazione.
Pensiamo alle migliaia di associazioni di promozione sociale che nel silenzio più assoluto, senza clamori e senza conquistare le prime pagine dei giornali, sono impegnati a rendere migliore la vita nelle nostre città.
Così come non può dimenticarsi l'interesse generale perseguito dalle migliaia di cooperative sociali che interpretano la loro missione nel dare una nuova chance a soggetti a rischio di esclusione sociale, creando occupazione e con essa nuove opportunità di vita.
Così come a quelle che svolgono attività di contrasto alle fragilità e che i servizi pubblici non riescono a garantire.
Se poi si pensa all'attività dei volontari di protezione civile, sempre in prima fila per garantire una risposta nelle vere emergenze,  abbiamo il quadro di cosa intendiamo per terzo settore e di quello che esso svolge ogni giorno a favore delle collettività.
Fanno, purtroppo, e giustamente, clamore le indagini giudiziarie, che, in ogni caso, ben vengano, perché nessuno può sentirsi e può ritenersi in una zona franca.
Appunto per questo, il Forum del Terzo Settore della Sicilia non può che ritenersi parte lesa da ciò che accaduto.
Perché gli imbrogli sono sempre a discapito delle persone oneste, di chi rispetta le leggi e i contratti.
Di chi fa della solidarietà e del rispetto della dignità umana ha fatto le stelle polari dei propri comportamenti.
Per essere conseguenti occorre, però, assumere delle scelte.
Mi permetto di indicarne alcune:
  • massima trasparenza nell'affidamento degli appalti, ove deve essere espressamente previsto il rispetto delle leggi e dei contratti
  • nessuna attività legata alla accoglienza deve essere affidata senza gara di evidenza pubblica e nella quale siano chiari i compiti e i servizi che devono essere erogati.
  • particolare attenzione deve essere dedicata a quelle associazioni di  "volontari" che si prestano a essere utilizzati per sostituire lavoro strutturato garantendo un conseguente abbattimento dei costi. A cui tutti, a partire dalla pubblica amministrazione sono interessati.
  • esercizio continuo dei controlli e della vigilanza sulle attività e i servizi che sono erogati.
  • più puntuale verifica della nozione di soggetto svantaggiato.
  • un approfondimento sull'opportunità di inserire limiti numerici al numero dei soci nelle cooperative sociali.
Siamo convinti sostenitori che il welfare debba essere uno strumento di coesione sociale, di sviluppo e di crescita economica e ciò solo se riesce a creare buona e vera occupazione, garantendo servizi efficaci ed efficienti, in una logica sussidiaria.
Adesso abbiamo uno strumento in più, la legge delega che tra poco approderà nelle aule parlamentari, può rappresentare l'occasione di un ripensamento nel modo di operare del terzo settore, che ne faccia riscoprire e valorizzare lo spirito originario che anima la gran parte di coloro che vi operano.
Alla politica un invito: non nasconda dietro la parola solidarietà interessi che nulla hanno da dividere con il bene comune.
Un grazie alla magistratura per il lavoro che sta svolgendo: fare pulizia in questo settore che per pochi, danneggiando i tanti, si è trasformato in business, non è solo un esigenza di legalità ma l'essenza stessa del nostro essere, del nostro operare quotidiano.





domenica 22 marzo 2015

I fatti di febbraio 2015

Ogni mese il sito Eguaglianza e Libertà, pubblica a cura di Angelo Gennari, pubblica un'interessantissima nota sui fatti più importanti accaduti nel mondo il mese precedente.
La lettura, molto agevole, ci aiuta a comprendere l'attualità del mondo, ciò che accade ma soprattutto ciò che accadrà.
Se mi posso permettere, la lettura è vivamente consigliata.

Lupi e gli altri

Molti hanno avuto da ridire sul comportamento del Pd in relazione alle dimissioni di Lupi, ritenendo doppiopesista, a maggior ragione per il fatto che ben 4 sottosegretari sono stati destinatari di avvisi di garanzia, in ultimo Castiglione che, indagato per la vicenda del Cara di Mineo, rimane al suo posto.
Le due cose, per me, sono diverse. 
Sono garantista e  credo che Lupi dovesse dimettersi non perché abbia commesso un reato ma perché quello che è emerso dalle intercettazioni lo fanno incompatibile con il suo permanere alla guida del ministero.
E' possibile che dinanzi a un regalo da 10.000€, per la laurea del figlio, non sia posto una domanda? Può giustificare che un regalo così importante sia dovuto solo a una vecchia consuetudine?
Come mai che abbia accettato un vestito o dei biglietti aerei?
Niente di illegittimo, sicuramente, ma molto, molto, inopportuno politicamente.
Le sue dimissioni sono solo un atto dovuto che chiunque ha delle responsabilità pubbliche.
Per quanto attiene Castiglione, prima di fare dei processi sui giornali, sarebbe opportuno attendere gli esiti delle indagini che i magistrati stanno conducendo.
L'avviso di garanzia, spiegano tutti, non è un indizio di colpevolezza ma la comunicazione che si stanno conducendo delle indagini, al fine di accertare che il comportamento di una persona sia stato corretto sotto il profilo penale.
Solo successivamente si potrà esprimere un giudizio.
E' evidente che se la persone fosse rinviata a giudizio, le dimissioni sarebbero da prendere in considerazione, per il rispetto che si deve alle istituzioni prima e ai cittadini dopo.
Non è certamente costruttivo sapere che un ministro è sotto processo.
Utilizzare le dimissioni di Lupi per cercare di aprire contraddizioni all'interno del governo è miope.
Così facendo lo rafforzano,. Non è detto che sia un bene. Tutt'altro.  

giovedì 19 marzo 2015

Lupi e il rolex del figlio.

Sulla vicenda che ha coinvolto il ministro Lupi si è scritto e detto tanto.  Non sappiamo se e quando rassegnerà le dimissioni.
Autorevoli commentatori hanno indicato nelle dimissioni l'unica strada per tenere fuori il governo e il suo presidente dall'imbarazzo nel quale si trovano, soprattutto alla luce della richiesta di dimissioni reiterate a suo tempo da Renzi al ministro Cancellieri per una telefonata sul caso Ligresti.
Mi ha colpito molto la storia del Rolex da 10.000 €, regalato al figlio di Lupi, in occasione della laurea, facendomi venire in mente un film del 1974, interpretato da Alberto Sordi, da titolo: Finché c'è guerra c'è speranza.
In sintesi la trama. (su www.youtube.com è possibile vedere il film completo.)
Il protagonista, Pietro Chiocca, commerciante milanese di pompe idrauliche riconvertitosi ad un più lucroso commercio internazionale di armi, passa la propria vita in giro per i paesi del Terzo Mondo, dilaniati dalle guerre civili. Grazie ad una sottile operazione dello stesso Chiocca, il quale diviene dipendente di un'industria più importante, la sua famiglia già benestante e residente nel centro di Milano, può finalmente trasferirsi in una lussuosa villa nel verde.
Tutto pare andare a gonfie vele finché un giorno un giornalista del Corriere della Sera, che gli aveva procurato il contatto per la vendita di armi ad un movimento di liberazione nazionale nello stato africano di lingua portoghese Guinea-Bissau, denuncia all'opinione pubblica l'operato di Chiocca con un articolo dal titolo «Ho incontrato un mercante di morte».
Davanti allo sdegno e il disprezzo dei suoi familiari, Chiocca si offre di tornare al suo vecchio e onesto lavoro ma costoro, posti di fronte all'alternativa di rinunciare alle comodità e ai lussi cui sono ormai abituati, preferiranno ignorare l'origine dei guadagni del loro capofamiglia.
Uno dei passaggi più esilarante è quando il Chiocca, invitato a partecipare dal ministro della guerra, alla festa per la prima comunione della propria figlia,  porta in regalo una Mercedes.  
Auto, che non fosse altro per ragioni anagrafiche,  non avrebbe potuto guidare.
Il dialogo tra i due si snoda sul fatto che il ministro più volte affermava che non avrebbe mai accettato, per ragioni di onestà e correttezza, un regalo dal Chiocca.
Sottolineava, però, che essendo un regalo per la bambina, aveva gradito il pensiero.
Il nodo della questione sta anche questo: il codice anticorruzione fa divieto a chi è incaricato di pubbliche funzioni di ricevere regali che superino un valore di 250 €, nulla è previsto nel caso i destinatari dei regali siano parenti o affini dell'amministratore. 
Non credo che debbano essere inserite norme ad hoc è sufficiente un poco di buon senso. Caro Lupi ma non ti sei chiesto il motivo di un regalo di 10.000€? 
Non voglio pensare che si sia trattato della contropartita di favori ma qualche domanda sull'opportunità avresti dovuto fartela.
Una seconda considerazione,  tutti siamo genitori e tutti vorremmo vederli sistemati ma presentare il proprio figlio a uno che a nome del ministero si trova ad avere rapporti con tutte le aziende che hanno appalti, non mi sembra un'idea geniale. 
Pensi veramente che il fatto di avere conseguito brillantemente la laurea è il motivo per il quale dopo un paio di settimane aveva già trovato lavoro?
I biglietti aerei, i vestiti...Lupi non è che sei caduto dal pero? o pensi che siamo noi ad essere caduti?
Non mi piacciono nemmeno le considerazione che sento fare, nel senso che sono tutti uguali.
Sarà così, ma se è stato scoperto con le dita nella marmellata, la cosa che deve fare è una e solo una: sparire.

NB. Apprendo che Lupi ha comunicato mentre era ospite da Vespa che avrebbe rassegnato le dimissioni. A vergogna si aggiunge vergogna. Se questo è il rispetto che si ha delle istituzioni, povero il nostro Paese. 


domenica 8 marzo 2015

Antimafia che fa male all'antimafia

Lo so, forse, non è un post "politicamente corretto" ma alla luce di alcuni fatti di cronaca e alle conseguenti prese di posizione di illustri esponenti delle istituzioni, scrivo quello che penso. Lo scrivo, senza alcuna polemica, con il solo obbiettivo di mettere nero su bianco alcune riflessioni che mi sono venute in mente.
Non è nemmeno nelle mie intenzioni mettere in discussione le qualità umani e professionali delle persone coinvolte.
Se tutto nasce dal famoso articolo di Leonardo Sciascia sui professionisti dell'antimafia, è da riconoscere che, purtroppo, poco è cambiato.
Leonardo Sciascia, è bene ricordare, assunse quella posizione, ponendosi la domanda se fosse giusto modificare i criteri di valutazione, abitualmente utilizzati, sull'avanzamento di carriera dei magistrati premiando l'esperienze condotte sul campo di contrasto alle mafie rispetto all'anzianità di servizio. 
La sua preoccupazione era rappresentata più che dal fatto in sé, da quello che sarebbe potuto accadere in seguito.
Aveva ragione. Negli anni la casistica si è arricchita, non solo nel campo giudiziario ma in tutta la società civile.
Voglio citare alcuni esempi, per me esemplificativi.
Si può diventare segretario regionale di un partito e successivamente parlamentare europeo dello stesso partito, senza essere iscritto a quel partito? Si, se sei antimafioso.
Puoi diventare sovraintendente della Fondazione Orchestra Sinfonica Siciliana senza avere alcuna esperienze nel settore? Si, se hai denunciato il racket e il presidente della Regione, in virtù di questo, ti riconosce le debite capacità manageriali.
Si può nominare componente del Direttivo dell'Agenzia dei beni confiscati e sequestrati un rappresentante di Confindustria, quando ad assumersi la responsabilità di gestire la difficile fase della ripresa produttiva delle aziende confiscate non sono mai stati gli imprenditori ma il tanto vituperato movimento cooperativistico? Si, se sei il responsabile legalità della stessa organizzazione.
Ho fatto solo tre esempi, qualcuno potrebbe aggiungerne altri, nulla cambierebbe.
Vorrei sottolineare, in ogni caso, che la responsabilità non è da ascrivere ai soggetti che con il loro coraggio si sono trasformati in eroi e in simboli della lotta alla mafia ma a coloro che li hanno nominati; i quali, spesso, pur di essere riconosciuti paladini antimafiosi hanno bisogno di un trofeo da esibire.
Esiste, infatti, qualcuno migliore di chi si è ribellato, con coraggio, al racket, o di chi è stato colpito dalla mafia negli affetti più cari o di chi firma protocolli di legalità?
La lotta alla mafia, diceva Falcone, non vive di eroi ma di esempi, di regole, di comportamenti rispettosi dei doveri che le norme impongono. 
La lotta alla mafia non si proclama ma si pratica e se i rappresentanti delle istituzioni cominciassero a farlo, forse, inizieremmo a vincerla..

giovedì 5 marzo 2015

A proposito di tangenti all'aeroporto di Palermo. Alcune riflessioni.

La vicenda che vede coinvolto il vice presidente della società di gestione dell'aeroporto Falcone Borsellino di Palermo (nonché presidente della Camera di Commercio) pone alcune riflessioni che mi piace sintetizzare in veste di domande:
  • La  richiesta di tangente è stata, a quanto pare, di 100.000€, il che significa che una scelta discrezionale può valere oltre questa cifra. E' possibile che accada questo? E' possibile affidare, senza alcun controllo, senza che alla cosa venga data pubblicità alcuna, il potere di modificare regole contrattuali che riconosco benefici a singoli di importi così notevoli?
  • E' possibile che i servizi landside (gli aeroporti) possano essere gestiti come cosa propria?
  • Il dott.Helg si è giustificato affermando di essere in grande difficoltà economiche (la cosa mi dispiace, anche se, purtroppo, di questi tempi non è il solo), è possibile che una persona che ricopre incarichi di amministratore di enti e/o società controllate, partecipate o di proprietà pubblica non debba essere tenuto a rendere conto a tutti della sua situazione patrimoniale?
Spesse volte si è parlati dell'anagrafe patrimoniale di quanti ricoprono incarichi pubblici: si è fatto poco, molto poco. Penso che sia venuto il momento per chi aspira o ricopra incarichi di questo genere rendere pubblica la propria situazione economica.
A queste domande possiamo aggiungerne altre, a partire dagli appalti, dalle commissione aggiudicatrici, degli importi erogati, dagli stati di avanzamento, sui criteri di assunzione, sulla retribuzione dei dirigenti e degli amministratori.
Non so se la corruzione può essere combattuta in questo modo ma credo che la trasparenza, la massima pubblicità delle azioni amministrative, serva non solo a creare una cittadinanza consapevole ma a garantire l'opportuno controllo di chi è chiamato (anche a nome mio) a gestire risorse pubbliche.
Le rivoluzioni, mi piace ricordare, non si nutrono solo di tumulti o di decapitazioni (non è più il tempo) ma anche di informazione, di trasparenza , di partecipazione.
Tanto per cominciare.

La narrazione e i fatti. Il governo Meloni fa scuola

NARRAZIONE: “si introduce un esonero dal versamento del 100 per cento dei contributi previdenziali ed assicurativi a carico del datore di la...