domenica 24 luglio 2016

Fate tacere gli analisti, i commentatori e gli esperti di terrorismo. Fanno più danni dell'Isis.

Più passano le ore, più si fa chiarezza su quanto accaduto a Monaco.
Le televisioni del mondo avevano le telecamere puntate sulla città tedesca e gli studi pieni di "esperti", di professori universitari, di islamisti pronti a dare un'interpretazione autentica, suffragata dai qualità certificata dai loro curriculum, ai fatti che contemporaneamente si stavano svolgendo.
Tre, quattro, cinque, quindici morti? Quanti feriti? Quanti terroristi islamici impegnati nell'atto terroristico? Quando sarebbe arrivata la rivendicazione dell'Isis.
Tutti a spiegare che lo stato islamico ha  modificato il modo di operare. Visto i costi, adesso gli atti terroristici si fanno low cost.
Va riconosciuto che la polizia bavarese non è stata di grande aiuto: ha continuato a indagare poteva guardare le TV o qualche giornale online per sapere tutto.
A quasi 48 ore, adesso, anche se non sappiamo tutto, abbiamo le idee più chiare e qualche certezza: il terrorismo islamico non c'entra nulla.
Non che la cosa renda la vicenda meno drammatica ma la si inquadra in un contesto isolato e non all'interno di una strategia globale.
Quello che dovrebbe farci riflettere è la voglia matta di tanti pseudo esperti di mettersi in mostra, di spiegare come va il mondo, di andare in televisione, di vivere il loro momento di notorietà come tanti ragazzi nei reality show.
Con una profonda differenza: quei ragazzi non fanno male a nessuno se non a se stessi, i primi li fanno a tutti noi, spingendo a credere in ciò che loro ritengono la verità. 
Praticamente e alla luce dei fatti devono convincerci della bontà delle loro minchiate, (per ascoltarne alcune paghiamo anche il canone).
Un bagno di umiltà non farebbe male a partire dai giornalisti delle reti principali, per una percentuale di audience farebbero la qualunque (e spesso la fanno)
Dimenticavo, grazie a loro l'isis è riuscita a fare una strage a costo zero e ad acquisire uno spazio mediatico che non avevano lontanamente immaginato. 

giovedì 21 luglio 2016

Mai sorprendersi

E' proprio vero! Nella vita c'è sempre da imparare e tanto da scoprire.
Mi è capitato di leggere il curriculum della signora Maria Grazia Elena Brandara nominata dalla Giunta di Governo della Sicilia commissaria straordinaria dell'IRSAP.
Per chi non lo sapesse l'IRSAP è l'istituto regionale che ha preso il posto delle vecchie Asi e che dovrebbe sovrintendere alla promozione e allo sviluppo industriale della nostra regione a partire dai servizi che vanno offerte alle imprese che localizzano in Sicilia.
Fa un certo effetto leggere che tra le attività dalla signora svolte c'è anche quella di responsabile dell'osservatorio della legalità dell'UDC regionale.
Mi fermo qua. Punto.
Per chi volesse approfondire la delibera di giunta e il curriculum

domenica 17 luglio 2016

Qualche bomba in meno e qualche libro in più possono fare la differenza

Un altro attentato. Una sola persona è riuscita a seminare morte e violenza tra quanti stavano festeggiando la festa nazionale francese.
Un attentato low cost. 
E' stato sufficiente noleggiare un tir e il "gioco è fatto".
Purtroppo è anche la dimostrazione che questa forma di terrorismo non potrà essere sconfitta: dovremo abituarci a convivere con essa e per lungo tempo. 
Quello di Nizza è l'ultimo atto di una guerra, gli esperti la definiscono asimmetrica, che si combatte non più nei deserti mediorientali o tra le montagne afgane (lontane dalle telecamere o dei media occidentali) ma nelle nostre città, nei nostri aeroporti, nei luoghi che frequentiamo, nei nostri ritrovi.
Una guerra che non può essere combattuta con le armi tradizionali, ancorché avanzate tecnologicamente, ma va condotta con intelligenza, usando gli strumenti che i nostri sistemi democratici dispongono a partire dalle politiche di inclusione, dal riconoscimento dei diritti,  dalla partecipazione, da una seria politica di cooperazione allo sviluppo internazionale.
È evidente che occorre sapere declinare questi quattro punti. Declinarli significa cambiare il nostro modo di pensare, di operare, di collaborare.
Quando investiamo in politiche di inclusione? È possibile che la cooperazione internazionale rappresenti l'occasione per gli affari delle grandi imprese? È possibile che la cooperazione internazionale sia la formazione degli eserciti di tanti paesi che li utilizzano per reprimere le aspirazioni di libertà delle popolazioni? E' possibile che con l'alibi dell'esportazione della democrazia esportiamo armi e strumenti di morte?
Non si tratta di fare i buonisti ma di fermarci un attimo a riflettere non più sul nostro passato in quei paesi ma al nostro presente e soprattutto al nostro futuro in quelle realtà.
Forse qualche bomba in meno e qualche diritto in più potrebbero consentirci di vincere.

domenica 10 luglio 2016

E ora Cuffaro a morte.

E' notorio che quando, per qualsiasi ragione, si finisce nell'inferno carcerario si viene spogliati della propria dignità, si diventa un numero, un oggetto al quale la società chiede il conto per i comportamenti penalmente perseguibili che si sono tenuti.
Alla giusta privazione della libertà personale, la cui durata è commisurata alla gravità del reato commesso, possono aggiungersi le pene accessorie previste dal codice penale, a queste, spesso, si uniscono anche quelle non previste da alcun codice ma che rendono la condanna ancorpiù dura e, in alcuni casi, inumana. 
Dobbiamo a una serie di "detenuti eccellenti" sia la percezione che la legge sa ancora essere uguale per tutti, sia la conoscenza delle condizioni in cui sono costretti a vivere i reclusi.
Fu così per Cusani (ricordate il processo Enimont), per Mannino ed è così per il dott. Salvatore Cuffaro.
Di quest'ultimo non sono mai stato estimatore, non l'ho mai votato; l'unica volta che siamo stati dalla stessa parte risale a quando era assessore all'agricoltura del governo Capodicasa, non condividendo quanti lo stanno trattando da eroe.
Lui è e resta un processato, condannato, carcerato, scontata la pena scarcerato.
Di Cuffaro, però,  possiamo dire che la notorietà che lo accompagna gli ha nuociuto più del giusto.
Non ho dimenticato che mentre l'affidamento ai servizi sociali è per coloro che stanno per concludere la pena prassi consolidata, a lui no, gli è stato negato, con la motivazione che non avendo pienamente collaborato ha lasciato lati oscuri nella vicenda che lo riguardava. 
Lati oscuri? E i tre gradi di giudizio a cosa dovevano servire?
Non ho dimenticato che non gli è stato concesso il permesso dir far visita alla madre in agonia in considerazione, scriveva il giudice di sorveglianaza, che essendo affetta da una malatttia degenerativa non era in condizione di riconoscere il figlio, come se il rapporto madre-figlio fosse fatto solo di sguardi e di parole e non di odori, di tatto, di pelle.
Il dott.Cuffaro, si sa, era un detenuto, condannato per un reato infamante.
Ben gli stava.
Oggi è una persona che ha pagato il suo debito con la giustizia, scontando la pena che gli è stata inflitta in un'aula di tribunale, dentro la quale ha potuto esercitare il suo diritto alla difesa.
Il Cuffaro da ex detenuto ha deciso di rappresentare e di far conoscere le condizioni di vita nelle carceri, stavolta parlando per esperienza personale e non per il racconto di terzi.
In  questa veste era stato invitato a partecipare a un convegno organizzato dentro il Parlamento Regionale Siciliano.
L'invito evidentemente era rivolto al pregiudicato ed ex detenuto Salvatore Cuffaro.
Apriti cielo! A poche ore dall'inizio, il Presidente dell'Ars che aveva concesso l'uso della sala fa retromarcia, revoca il permesso rilevando l'inopportunità della presenza del dott.Cuffaro in una sala intotalata al compianto presidente Mattarella ucciso da un commando mafioso.
Non voglio polemizzare con Ardizzone ma ritengo che la sua decisione non ha aumentato il prestigio dell'istituzione dal lui presieduta, tutt'altro. Ha evidenziato ancora di più la distanza che intercorre tra lui, quelli come lui, e la società reale.
Non è mortificando un ex detenuto che l'Ars recupererà il prestigio che ha ormai perso, lo potrà fare se si aprirà ai cittadini, non avendo paura del confronto, consetendo che nelle sue stanze si discuta di problemi che migliaia di cittadini vivono e per i quali non è ancora stata, grazie a dio, firmata una condanna di morte civile.
Credo che Ardizzone abbia perso una bella occasione per dimostrare che la democrazia, le regole del convivere civile sono più forti della criminalità, più forti della mafia, più forti di Salvatore Cuffaro, che credo faccia più paura oggi a tanti ex democristiani di quanto ne facesse all'apice del suo potere.
Chissà perche?
Al dott. Cuffaro che sta per partire per il Burundi l'augurio di buon lavoro e che non abbia a incontrare la stupidità e cinismo di tanta antimafia nostrana.





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