lunedì 13 ottobre 2014

Quando l'altro è un problema. La lezione di Tzvetan Todorov



In occasione dell'anniversario della scoperta dell'America, ripropongo il post sul libro di TodoroV.


Il libro ha come oggetto la conquista del Centro America da parte degli spagnoli nel ‘500 e nel ‘600, conquista che viene narrata mediante le vicende di cinque personaggi: Colombo, Cortès, Las Casas, Duran e Sahagùn. 
A ciascuno di questi personaggi l’autore fa corrispondere un differente atteggiamento nei confronti della conquista:in Colombo l’approccio prevalente è quello della scoperta, che lo conduce a una forte attenzione verso la natura e l’ambiente e a un sostanziale disinteresse nei confronti della popolazione indigena, che viene fondamentalmente assimilata alla natura;in Cortès prevale lo spirito di conquista e quindi la conoscenza del linguaggio e della mentalità della popolazione indigena in funzione del perseguimento di obiettivi militari. Cortès comprende rapidamente il mondo simbolico degli atzechi e dei maya e lo utilizza in modo molto efficace per rinforzare e comunicare meglio l’invicibilità degli spagnoli. L’autore ritiene anzi che uno dei motivi del rapido disfacimento dell’impero atzeco sia proprio da ricondurre a un sistema di credenze basato sull’inevitabilità del futuro, la cui direzione non poteva essere modificata e poteva essere letta mediante una serie di "segni". Cortès quindi indaga la popolazione indigena proprio per capirne il mondo spirituale e i relativi "segni" e quindi utilizzarli a proprio favore mediante un’accorta politica di comunicazione. Da questo punto di vista Cortès si presenta come un precursore della semiotica;in Las Casas, prete domenicano, il filo conduttore è l’amore per la popolazione indigena, che si basa su una concezione egualitaria e sull’idea che il popolo indo-americano avesse già valori cristiani e fosse quindi "buono", in contrapposizione con la crudeltà degli spagnoli. Come dice l’autore, l’approccio del prete domenicano si basa su categorie valutative e non sulla conoscenza dei costumi e della cultura degli atzechi. "Se il pregiudizio di superiorità è indiscutibilmente un ostacolo sulla via della conoscenza, si deve riconoscere che il pregiudizio di eguaglianza rappresenta un ostacolo ancora maggiore, perché porta a identificare puramente e semplicemente l’altro con il proprio ideale di sé (o con il proprio io)"; in Duran, prete domenicano cresciuto in America, emerge lo spirito di conoscenza, anche se all’interno di una visione meticcia dei rapporti con la popolazione indigena. Già l’ultimo Las Casas, dopo il famoso dibattito di Valladolid contro un altro prete che sosteneva l’inferiorità degli indigeni e il diritto di renderli schiavi, aveva scoperto la relatività delle varie posizioni ideali e la scomparsa di qualsiasi posizione privilegiata, rinunciando al diritto di assimilare gli indiani. Duran ritiene che la conoscenza della lingua e della cultura degli indigeni sia lo strumento fondamentale per poterli convertire al cristianesimo. Lo studio lo conduce a una sorta di ibridazione culturale, che si manifesta in vari modi, alcuni anche singolari: gli indigeni sono stati già oggetto di una predicazione cristiana e quindi le loro divinità sono simili al dio cristiano, ritiene di svolgere il compito di storico, di una storia di eroi (quella degli atzechi), narra la storia della conquista rispecchiando l’incredulità per il crollo di un impero così ben organizzato;Sahagùn, prete francescano, scrisse ben dodici libri, in atzeco e in spagnolo, nei quali descrive la civiltà di questo popolo. L’autore è il precursore dei moderni studiosi e quindi riesce a descrivere senza dare alcuna interpretazione. Molto interessante è il confronto tra la descrizione di un sacrificio umano da parte di Duran e da parte di Sahagùn, dal quale emerge con evidenza la descrizione fredda e distaccata da parte di quest'ultimo. Sahagùn utilizza dei questionari, la cui struttura riflette la sua idea di ciò che può essere una civiltà. Anche in lui la conoscenza riflette dei giudizi di valore. Il libro è molto complesso e articolato, ma in fondo cerca di rispondere ad alcune domande di fondo: è possibile conoscere l’altro? E' possibile salvaguardare la differenza nell’uguaglianza? E' possibile evitare il massacro, culturale e fisico, da parte del conquistatore? A queste domande l’autore non riesce a dare una risposta esauriente, ma il libro descrive un probabile percorso, dalla scoperta attraverso il massacro sino all’ibridazione culturale e al relativismo, e afferma come bisognerebbe partire dalla conoscenza reciproca, che a sua volta passa attraverso la comunicazione (conoscenza del linguaggio e dei "segni").

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