In occasione dell'anniversario della scoperta dell'America, ripropongo il post sul libro di TodoroV.
Il libro ha come oggetto la conquista del Centro America da parte degli spagnoli nel ‘500 e nel ‘600, conquista che viene narrata mediante le vicende di cinque personaggi: Colombo, Cortès, Las Casas, Duran e Sahagùn.
A ciascuno di questi personaggi l’autore fa corrispondere un
differente atteggiamento nei confronti della conquista:in Colombo
l’approccio prevalente è quello della scoperta, che lo conduce a una
forte attenzione verso la natura e l’ambiente e a un sostanziale
disinteresse nei confronti della popolazione indigena, che viene
fondamentalmente assimilata alla natura;in Cortès prevale lo spirito di
conquista e quindi la conoscenza del linguaggio e della mentalità della
popolazione indigena in funzione del perseguimento di obiettivi
militari. Cortès comprende rapidamente il mondo simbolico degli atzechi e
dei maya e lo utilizza in modo molto efficace per rinforzare e
comunicare meglio l’invicibilità degli spagnoli. L’autore ritiene anzi
che uno dei motivi del rapido disfacimento dell’impero atzeco sia
proprio da ricondurre a un sistema di credenze basato sull’inevitabilità
del futuro, la cui direzione non poteva essere modificata e poteva
essere letta mediante una serie di "segni". Cortès quindi indaga la
popolazione indigena proprio per capirne il mondo spirituale e i
relativi "segni" e quindi utilizzarli a proprio favore mediante
un’accorta politica di comunicazione. Da questo punto di vista Cortès si
presenta come un precursore della semiotica;in Las Casas, prete
domenicano, il filo conduttore è l’amore per la popolazione indigena,
che si basa su una concezione egualitaria e sull’idea che il popolo
indo-americano avesse già valori cristiani e fosse quindi "buono", in
contrapposizione con la crudeltà degli spagnoli. Come dice l’autore,
l’approccio del prete domenicano si basa su categorie valutative e non
sulla conoscenza dei costumi e della cultura degli atzechi. "Se il
pregiudizio di superiorità è indiscutibilmente un ostacolo sulla via
della conoscenza, si deve riconoscere che il pregiudizio di eguaglianza
rappresenta un ostacolo ancora maggiore, perché porta a identificare
puramente e semplicemente l’altro con il proprio ideale di sé (o con il
proprio io)"; in Duran, prete domenicano cresciuto in America, emerge lo
spirito di conoscenza, anche se all’interno di una visione meticcia dei
rapporti con la popolazione indigena. Già l’ultimo Las Casas, dopo il
famoso dibattito di Valladolid contro un altro prete che sosteneva
l’inferiorità degli indigeni e il diritto di renderli schiavi, aveva
scoperto la relatività delle varie posizioni ideali e la scomparsa di
qualsiasi posizione privilegiata, rinunciando al diritto di assimilare
gli indiani. Duran ritiene che la conoscenza della lingua e della
cultura degli indigeni sia lo strumento fondamentale per poterli
convertire al cristianesimo. Lo studio lo conduce a una sorta di
ibridazione culturale, che si manifesta in vari modi, alcuni anche
singolari: gli indigeni sono stati già oggetto di una predicazione
cristiana e quindi le loro divinità sono simili al dio cristiano,
ritiene di svolgere il compito di storico, di una storia di eroi (quella
degli atzechi), narra la storia della conquista rispecchiando
l’incredulità per il crollo di un impero così ben organizzato;Sahagùn,
prete francescano, scrisse ben dodici libri, in atzeco e in spagnolo,
nei quali descrive la civiltà di questo popolo. L’autore è il precursore
dei moderni studiosi e quindi riesce a descrivere senza dare alcuna
interpretazione. Molto interessante è il confronto tra la descrizione di
un sacrificio umano da parte di Duran e da parte di Sahagùn, dal quale
emerge con evidenza la descrizione fredda e distaccata da parte di
quest'ultimo. Sahagùn utilizza dei questionari, la cui struttura
riflette la sua idea di ciò che può essere una civiltà. Anche in lui la
conoscenza riflette dei giudizi di valore. Il libro è molto complesso e
articolato, ma in fondo cerca di rispondere ad alcune domande di fondo: è
possibile conoscere l’altro? E' possibile salvaguardare la differenza
nell’uguaglianza? E' possibile evitare il massacro, culturale e fisico,
da parte del conquistatore? A queste domande l’autore non riesce a dare
una risposta esauriente, ma il libro descrive un probabile percorso,
dalla scoperta attraverso il massacro sino all’ibridazione culturale e
al relativismo, e afferma come bisognerebbe partire dalla conoscenza
reciproca, che a sua volta passa attraverso la comunicazione (conoscenza
del linguaggio e dei "segni").
Nessun commento:
Posta un commento