martedì 25 settembre 2018

A difesa dell'informazione e della democrazia.

Dall'entrata in vigore della Legge La Torre (1981) sul sequestro e confisca dei beni di provenienza illecita, sotto la lente dell'Autorità Giudiziaria è finito di tutto e di più.
Basta scorrere le relazioni che periodicamente produce l'Agenzia Nazionale dei Beni Confiscati e Sequestrati per avere contezza di cosa è stato ed è sottratto alla criminalità organizzata.
Credo, però, che ciò che accaduto a Catania con il sequestro delle aziende editoriali di Mario Ciancio è una prima volta che mette alla prova la capacità dello stato di continuare a fare informazione nel rispetto sia di chi ci lavora e di chi è consumatore del prodotto editoriale.
Il prodotto finito di un'azienda editoriale è, dunque, democrazia e partecipazione.
La scelta del direttore è importante ma non sufficiente, anche perché non si tratta solo di un giornale (il più letto della regione) ma qualcosa di più, molto di più.
Un giornale può cambiare la vita delle persone. Ucciderle o esaltarle.
Per tale ragione penso che i commissari scelti dal tribunale di Catania dovrebbero individuare delle personalità, espressioni riconosciute e legittimate del mondo delle professioni, della società civile e della realtà accademica, per comporre un "Comitato di Garanti" con il compito di garantire la massima trasparenza e autorevolezza di un giornale che nel bene e nel male ha rappresentato un tratto fondamentale della storia del secondo dopoguerra a Catania e in Sicilia.

Nb. Resta il fatto che una riflessione sui beni confiscati, sulla loro destinazione, sul loro riutilizzo andrebbe fatta al più presto. Il caso Saguto docet.


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