mercoledì 19 settembre 2012

Il Prof. Luciano Gallino sulla Fiat (FIAT? No, grazie)

Sulla Repubblica del 16 settembre 2012 è stato pubblicato un editoriale del prof. Luciano Gallino (Piccola nota biografica) nel quale analizza il rapporto tra Fiat e politica e sul ruolo della Fiat nella competizione globale.
Ne esce un quadro drammatico che dovrebbe farci riflettere su ciò che sta accadendo in Italia e su come la Fiat e il suo Amministratore delegato abbiano preso in giro tutto il Paese.

venerdì 14 settembre 2012

Le proposte di Sbilanciamoci.info per uscire dalla crisi e per un nuovo modello di sviluppo


Europa, lavoro, protezione sociale, giovani, produzioni sostenibili, meno spesa militare, redistribuire il reddito. Sono queste le sette proproste uscite dalla discussione alla Controcernobbio organizzata da Sbilanciamoci! a Capodarco di Fermo 7-9 settembre 2012. 


La crisi italiana si fa più grave, la recessione è estesa in tutta Europa, la disoccupazione supera il 10% e colpisce un terzo dei giovani. È questo il risultato di cinque anni di crisi e delle politiche di austerità imposte dalla finanza e dall’Europa. Il governo Monti le sta realizzando in Italia all’insegna di un neoliberismo ideologico che non risolve i problemi, aggrava la crisi, minaccia la democrazia. È necessario un cambio di rotta.
Dalle iniziative di questi mesi e dalle discussioni alla “contro-Cernobbio” di Sbilanciamoci di Capodarco sono emerse sette proposte:
1. L’Europa. È essenziale che l’Europa fermi la speculazione e ridimensioni la finanza, vietando le operazioni ad alto rischio, tassando le transazioni finanziarie; il problema del debito si può affrontare con la Banca Centrale Europea che assuma il ruolo di prestatore di ultima istanza e introducendo gli eurobond; lo scudo anti-spread introdotto di recente non risolve i problemi ed espone i paesi fragili al ricatto di un Memorandum che renderebbe permanenti le politiche di austerità; per le stesse ragioni va rifiutato il “Fiscal compact” che impone pareggio di bilancio e taglio del debito. L’Europa deve ritrovare la strada della democrazia.
2. La crisi e il lavoro. Per uscire dalla recessione è necessaria una ripresa della domanda con un maggior ruolo della spesa pubblica, da utilizzare per affrontare l’emergenza occupazione. Dobbiamo difendere i lavoratori che rischiano di perdere il posto nelle 161 crisi industriali del paese. E si possono creare 500 mila nuovi posti di lavoro attraverso investimenti sociali e migliaia di “piccole opere” di cui il paese ha bisogno: infrastrutture di base, messa in sicurezza delle scuole, riassetto idrogeologico, tutela del territorio, mobilità ed energia sostenibile, welfare e salute, istruzione e ricerca. Sono necessarie politiche che tutelino i diritti del lavoro e combattano la precarietà. La legge Fornero va rifiutata.
3. La protezione sociale. Chi è colpito dalla crisi e dalla precarietà, chi è senza lavoro deve disporre di una rete di protezione sociale e tutela del reddito, dall’estensione degli ammortizzatori sociali per i lavori atipici, fino all’introduzione del reddito di cittadinanza. Bisogna difendere la spesa sociale dalle riduzioni dei trasferimenti agli enti locali, ristabilendo i fondi per le politiche sociali; bisogna difendere i diritti dei migranti e chiudere i CIE.
4. Giovani, formazione, conoscenza. Abbiamo bisogno di un “piano giovani” che progetti il futuro di questo paese. L’accesso e la diffusione della conoscenza sono la base per offrire ai giovani nuove possibilità di lavori di qualità. Per l’istruzione e la conoscenza serve un miliardo di euro per migliorare la scuola pubblica – tagliando i 700 milioni di sussidi alle scuole private – assicurare l'obbligo formativo, finanziare università e ricerca, estendere le borse di studio per gli studenti universitari, bloccando gli aumenti delle tasse d’iscrizione e le barriere poste dal numero chiuso nell’accesso all’università.
5. Cambiare produzioni. Il vecchio modello di sviluppo non può più funzionare, lo dimostra il tramonto della Fiat e i problemi dell’Ilva. Serve una politica industriale che orienti le scelte pubbliche e private su che cosa e come produrre, riservando incentivi e riduzioni del cuneo fiscale alle imprese che investono e creano occupazione in produzioni di qualità, con nuovi prodotti e servizi, sostenibili dal punto di vista ambientale e sociale. Va sostenuto l’impegno per la produzione e l’accesso ai beni comuni, il ruolo dell’economia solidale e di relazioni sociali fondate su sobrietà e solidarietà.
6. Tagliare la spesa militare. All’interno della spesa pubblica i tagli vanno fatti sulla spesa militare, non quella sociale: si possono risparmiare 12 miliardi di euro cancellando il programma di acquisizione dei 90 cacciabombardieri F35 e riducendo di un terzo le Forze Armate.
7. Redistribuire il reddito. Nuove risorse per la spesa pubblica si devono trovare tassando la ricchezza finanziaria e immobiliare e riducendo le imposte sul lavoro. I patrimoni superiori al milione di euro vanno tassati con un’aliquota progressiva che parta dal 5 per 1000. Va innalzata al 23% l’imposizione fiscale sulle rendite e bisogna tassare i redditi superiori ai 200 mila euro con l'aliquota del 50%. Serve una lotta sistematica all'evasione fiscale. La legalità è un fondamento essenziale per ricostruire il paese: servono misure contro la corruzione e fermare l’espansione dell’economia criminale.
È questo il “cambio di rotta” che Sbilanciamoci! chiede alla politica e all’economia italiana. È in questo modo che si può uscire dal paradigma neoliberista e dalle politiche di austerità. È in questo modo che si può estendere la partecipazione politica e rinnovare la democrazia. È questa l’agenda che deve essere al centro della discussione politica nelle prossime elezioni italiane.


giovedì 13 settembre 2012

I posti vacanti in Sicilia per le categorie protette.

L'Assessorato Regionale al Lavoro della Regione Siciliana, ha pubblicato l'elenco delle scoperture relative ai posti di lavoro riservati alle categorie di cui alla Legge 68/99 in ogni provincia siciliana.
E' bene ricordare che le aziende e gli enti sono obbligati a riservare una percentuale di posti ai soggetti svantaggiati.
Spesso, però, le aziende preferiscono pagare le multe previste piuttosto che assumere i lavoratori.
Resta, comunque, importante conoscere la reale situazione.


martedì 11 settembre 2012

11 settembre 1973, Cile: come si uccide una democrazia


L'11 settembre 1973, un colpo di stato finanziato dalle grandi multinazionali americane metteva fine all'esperienza del governo democratico del Cile, guidato da Salvadore Allende, socialista e difensore delle classi più povere. Un'esperienza unica, che rimane nella memoria di tutti i democratici, di tutti coloro che si battono per un modo migliore.


venerdì 7 settembre 2012

Min.Lavoro: indirizzi giurisprudenziali circa la legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo

Il nuovo art. 7 della legge n. 604/1966, come modificato dall’art. 1, comma 40, della legge n. 92/2012, ha previsto, nelle imprese dimensionate sopra le 15 unità (ed in quelle del settore agricolo con oltre i 5 dipendenti) – v. art. 1, comma 42 per le modalità di calcolo dei limiti numerici -, un tentativo obbligatorio di conciliazione presso la commissione provinciale istituita in ogni DTL, attivabile attraverso una procedura che inizia con una comunicazione inviata all’organo periferico del Dicastero del Lavoro, e per conoscenza, all’interessato, con la quale il datore di lavoro comunica la propria  intenzione di procedere al recesso, indicando sia le motivazioni che le eventuali misure di assistenza alla ricollocazione.
Ritenendo di fare cosa utile si segnalano indirizzi giurisprudenziali circa la legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo per ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento dell’azienda (art. 3, seconda parte, della legge n. 604/1966), fermo restando che l’area di applicazione dei licenziamenti plurimi per giustificato motivo oggettivo riguarda quelle fattispecie che non rientrano nel campo di applicazione della legge n. 223/1991 (almeno cinque licenziamenti nell’arco di centoventi giorni).
Con sentenza n. 11465 del 9 luglio 2012, la Cassazione ha affermato che il licenziamento per giustificato motivo oggettivo determinato da ragioni inerenti all’attività produttiva è scelta riservata all’imprenditore, quale responsabile della corretta gestione dell’azienda anche dal punto di vista economico ed organizzativo, sicché essa, quando sia effettiva e non simulata o pretestuosa, non è sindacabile dal giudice quanto ai profili della sua congruità ed opportunità. La suprema Corte rammenta la nozione di giustificato motivo oggettivo nel licenziamento: "deve ricondursi anche l’ipotesi  del riassetto organizzativo dell’azienda attuato al fine di una più economica gestione di essa, deciso dall’imprenditore non semplicemente per un incremento di profitto, ma per far fronte a sfavorevoli situazioni, non meramente contingenti, influenti in modo decisivo sulla normale attività produttiva, tanto da imporre una effettiva necessità di riduzione dei costi".
Con sentenze n. 22464/2004, n. 28/2004 e n. 13021/2001 la Cassazione ha affermato che il motivo oggettivo di recesso, determinato da ragioni concernenti l’attività produttiva, tra le quali rientra anche l’assetto organizzativo più economico sotto l’aspetto gestionale, è rimesso alla valutazione datoriale, senza che il giudice ne possa sindacare la scelta. Al giudice spetta il controllo della reale sussistenza delle motivazioni addotte dal datore di lavoro.
Con sentenze n. 17887/2007 e n. 8237/2010 la Cassazione ha ritenuto legittimo il licenziamento in presenza di un effettivo riassetto organizzativo fondato su esigenze effettivamente esistenti e non legate a circostanze future ed eventuali.
Con sentenze n. 11312/1990, n. 4688/2001 e n. 10461/1990 la Cassazione ha affermato che in caso di ristrutturazione aziendale con necessità di dover procedere alla soppressione del posto o del reparto, il licenziamento si ritiene legittimo nel caso in cui si dimostri la concreta riferibilità del licenziamento individuale alle effettive ragioni di carattere produttivo ed organizzativo.
Con sentenze n. 16579/2010 e n. 7717/2003 la Cassazione ha affermato la legittimità del licenziamento determinato anche dalla impossibilità di adibire il lavoratore a mansioni equivalenti nell’ambito dell’organizzazione aziendale e non solo nella sede presso la quale il lavoratore era impiegato: la ricerca può estendersi anche al “gruppo d’imprese”, se le stesse diano vita ad un unico centro di imputazione dei rapporti giuridici.
Con sentenza n. 5777/2003 la Cassazione ha ritenuto legittimo il licenziamento anche in caso di decentramento produttivo, comportante l’affidamento a soggetti esterni o di parte del ciclo produttivo, finalizzato ad una più economica gestione dell’impresa (terziarizzazione o “outsourcing”).
Con sentenza n. 4050/1982 la Cassazione ha ritenuto legittimo il licenziamento con soppressione del posto per documentata antieconomicità dello stesso.

La narrazione e i fatti. Il governo Meloni fa scuola

NARRAZIONE: “si introduce un esonero dal versamento del 100 per cento dei contributi previdenziali ed assicurativi a carico del datore di la...