E' stato presentato, in
concomitanza con il lancio mondiale del SIPRI Yearbook, Economia a mano
armata, il dossier della Campagna Sbilanciamoci! sulle spese militari.
Interventi di Giulio Marcon, portavoce
della campagna e Massimo Paolicelli, di Sbilanciamoci hanno presentato
il libro bianco che analizza le spese militari sotto molteplici aspetti:
dagli sprechi pubblici alla riconversione dell’industria militare,
dall’esemplare caso Finmeccanica al commercio internazionale di
armamenti, dalle missioni italiane all’estero ai rapporti tra crisi
economica e spesa militare, senza tralasciare la dubbia utilità di
alcuni sistemi d’arma come gli F35 e la relativa campagna di pressione
“Taglia le ali alle armi” volta alla cancellazione della costruzione dei
cacciabombardieri Joint Strike Fighter. Nel corso dell’incontro sono
intervenuti anche il Senatore F. Ferrante, R. Troisi, della Rete
Disarmo, Alessandra Mecozzi della FIOM, A. Nicotra.
Questi i dati principali che riguardano
l’Italia: 30 miliardi complessivi di spesa (fonte Sipri), oltre 10
miliardi nei prossimi anni per 90 cacciabombardieri F35 e ben 1,4
miliardi di euro per le missioni militari all’estero. Tutto questo,
quando si tagliano le risorse per il welfare, la scuola, la sanità, gli
enti locali. Il rigore viene applicato ai cittadini, ma non alla casta
dei militari.
La spesa militare globale nel 2011 ha
continuato ad aumentare: dello 0,3% in termini reali rispetto al 2010,
raggiungendo i 1.740 miliardi di dollari; il 75% della spesa mondiale
per armamenti nel 2011 riguarda appena 10 Paesi e gli Stati Uniti si
confermano leader della classifica con il 43% della spesa mondiale
militare. La media globale della quota del Prodotto interno lordo
destinato alle spese militari è del 2,6%.
Per citare altri numeri: i paesi europei
nel loro complesso hanno circa 7 milioni di soldati (Stati Uniti 1
milione e mezzo), 45mila tra carri armati e mezzi di combattimento
(Stati Uniti 34mila) e 3.500 aerei di combattimento (Stati Uniti 2mila).
Tenuto conto delle ambiguità e anche della pericolosità di un esercito
europeo slegato da un potere di controllo democratico – e oggi l’Unione
Europea ha un drammatico deficit di democrazia – se si andasse verso una
direzione di maggiore integrazione delle strutture di difesa europea,
si potrebbe avere un risparmio complessivo di 100-150 miliardi di euro
nei vari paesi, e anche in questo caso la somiglianza della cifra (130
miliardi) con quanto si è speso per l’ultimo salvataggio della Grecia
(febbraio 2012) è abbastanza significativa.
L’obiettivo di questo dossier,
scaricabile gratuitamente dal sito www.sbilanciamoci.org, è quello di
fornire informazioni e analisi, dati e proposte su come ridurre la spesa
militare e su come orientarla in senso sociale, riconvertendo
l’industria militare e investendo nelle misure necessarie a fronteggiare
la crisi, nel welfare, nell’ambiente, nel servizio civile e nella
cooperazione internazionale, perché è possibile svuotare gli arsenali
per riempire i granai. Tra le proposte della campagna: taglio di 10
miliardi in tre anni delle spese militari, riduzione da 190mila a
120mila gli organici delle Forze Armate, cancellazione del programma di
costruzione ed acquisizione dei cacciabombardieri F35. Sbilanciamoci
propone che i soldi risparmiati siano destinati ad un piano
straordinario di ammortizzatori sociali e di sostegno al reddito per
300mila precari, alla messa in sicurezza di 3mila scuole e per
consentire a 70mila giovani di poter svolgere il servizio civile.
dal sito www.sbilanciamoci.org
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