mercoledì 2 novembre 2011

A proposito di licenziamenti facili e del ministro Sacconi

A sentire il ministro Sacconi, buona parte dei problemi italiani nascono dalla presenza nella legislazione italiana di un articolo di una legge.
L'articolo 18 della legge 20/05/1970 n.300 "Norme sulla tutela della libertà e dignità del lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nel luoghi di lavoro e norme sul collocamento"
Cosa dice esattamente questo articolo 18?
”Ferma restando l'esperibilità delle procedure previste dall'art. 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, il giudice, con la sentenza con cui dichiara inefficace il licenziamento ai sensi dell'art. 2 della legge predetta o annulla il licenziamento intimato senza giusta causa o giustificato motivo ovvero ne dichiara la nullità a norma della legge stessa, ordina al datore di lavoro di reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro.
Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno subito per il licenziamento di cui sia stata accertata la inefficacia o l'invalidità a norma del comma precedente. In ogni caso, la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità di retribuzione, determinata secondo i criteri di cui all'art. 2121 del codice civile. Il datore di lavoro che non ottempera alla sentenza di cui al comma precedente è tenuto inoltre a corrispondere al lavoratore le retribuzioni dovutegli in virtù del rapporto di lavoro dalla data della sentenza stessa fino a quella della reintegrazione. Se il lavoratore entro trenta giorni dal ricevimento dell'invito del datore di lavoro non abbia ripreso servizio, il rapporto si intende risolto.
La sentenza pronunciata nel giudizio di cui al primo comma è provvisoriamente esecutiva.
Nell'ipotesi di licenziamento dei lavoratori di cui all'art. 22, su istanza congiunta del lavoratore e del sindacato cui questi aderisce o conferisca mandato, il giudice, in ogni stato e grado del giudizio di merito, può disporre con ordinanza, quando ritenga irrilevanti o insufficienti gli elementi di prova forniti dal datore di lavoro, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro.
L'ordinanza di cui al comma precedente può essere impugnata con reclamo immediato al giudice medesimo che l'ha pronunciata. Si applicano le disposizioni dell'art. 178, terzo, quarto, quinto e sesto comma del codice di procedura civile.
L'ordinanza può essere revocata con la sentenza che decide la causa.
Nell'ipotesi di licenziamento dei lavoratori di cui all'art. 22, il datore di lavoro che non ottempera alla sentenza di cui al primo camma ovvero all'ordinanza di cui al quarto comma, non impugnata o confermata dal giudice che l'ha pronunciata, è tenuto anche, per ogni giorno di ritardo, al pagamento a favore del Fondo adeguamento pensioni di una somma pari all'importo della retribuzione dovuta al lavoratore.

 In buona sostanza se non esiste la giusta causa o il giustificato motivo (va rilevato che esse sono normalmente codificate)  il giudice adito ordina la reintegra del lavoratore sul posto di lavoro.
Una norma di grande civiltà giuridica posta a tutela della dignità della persona.
Cosa c'entrano i licenziamenti per motivi economici?
Cosa significa facilitare l'uscita dal mondo del lavoro?
Perchè solo in Italia si trova qualcuno che sostiene che per aumentare l'occupazione occorre facilitare i licenziamenti?
L'Europa non ci chiede questo.
L'Europa ci chiede di allargare il welfare, garantendo a tutti i lavoratori le stesse opportunità, di diminuire la precarietà, che colpisce soprattutto i giovani, che si è trasformata in precarietà di vita.
A me hanno insegnato che la politica deve farsi con i sentimenti e non con i risentimenti. Sacconi appare assalito da un furore ideologico, degno di altre e più nobili cause.
Vorrei ricordare che quando fu votata la legge 30 ci fu spiegato che sarebbe aumentata l'occupazione e che la flessibilizzazione del mercato del lavoro avrebbe comportato benefici per tutti. Stiamo ancora attendendo di vedere gli aspetti positivi.
Intravedo nei comportamenti del ministro la volontà di alzare il livello dello scontro e del conflitto sociale, fino al punto di evocare il rischio di un ritorno al terrorismo. Sacconi ricordi che ne uccide più la lingua che la spada.
Penso proprio che di vittime lui ne abbia fatto già abbastanza.

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