In alcuni tweet ho scritto del patetico tentativo delle forze politiche di intercettare il voto giovanile e provano a farlo sbarcando su TikTok, una delle piattaforme social più utilizzate.
Premesso che non ho un profilo su questa piattaforma e non so nemmeno come si usi, ho, però, la presunzione di avere un minimo di buonsenso.
Dote che mi consente di affermare, senza tema di smentita, che avere una bicicletta non fa di me un nuovo Gimondi o l'essere possessore di una Ferrari non fa di me un pilota di Formala Uno. Allo stesso modo avere un profilo su TikTok non mi traforma in politicamente interprete dei bisogni e delle istanze delle nuove generazioni.
Vedere un quasi novantenne (a ottobre saranno 86 anni) con indosso un fantastico doppiopetto blu, con il viso ringiovanito, non si sa da quanti interventi chirurgici, che racconta una barzelleta quale metafora dello stare attenti a non cadere nelle trappole del centrosinistra.
Anzi, cosa ancora più grave è che il voto alla sinistra è sinonimo di coglionaggine.
Al contenuto della storia (mi pare si chiami cosi) va aggiunto che il tutto avviene mentre tiene in mano un cellulare, come se si stesse riprendendo.
Patetico.
Così come patetica appare la stupida gara tra questa persona e il segretario della Lega su chi abbia più seguito, a dimostrazione che non hanno capito nulla sia della piattaforma, sia soprattutto dei giovani.
Ora io, da persona normale, so che non è vero che i giovani non si interessano di poltica. Tutt'altro. Ne parlano tra loro, tanto. Si confrontano, hanno le idee chiare su ciò che accade intorno a loro.
Il dramma vero (lo dimostra la vicenda di @rachelescarpa) è che li vorremmo i giovani a nostra immagine e somiglianza e non come in realtà essi sono.
Il 25 settembre, sono convinto, sarà più chiaro a tutti. A prescindere da TikTok
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