giovedì 3 gennaio 2019

E se #GiuseppeConteIT decidesse di........



In questi primi tre giorni del 2019 tutti i maggiori commentatori politici si sono sbizzarriti a formulare ipotesi sulla durata di questo governo.
Di battute tipiche del caso, se mangeranno la colomba pasquale o se raggiungeranno le elezioni europee si sono riempite pagine di giornali.
Commenti, tutti, con un unico comune denominatore: se regge o meno l'intesa tra Lega e il M5S.
Io, che commentatore politico non sono, né tanto meno autorevole, credo che il tema dell'eventuale caduta del governo non stia nel rapporto tra le forze politiche che lo sostengono (il potere è il miglior collante che si conosca) ma l'aspetto umano del presidente Conte.
Di chi parliamo? Parliamo di un illustre sconosciuto che nel volgere di qualche giorno è passato dal far sostenere gli esami universitari a uno come Bonafede a essere il capo dell'esecutivo di una delle sette potenze economiche mondiali.
Una persona che fino a qualche settimana fa era pronto (non fosse altro per riconoscenza) a ubbidire senza fiatare ai suoi due dante causa, oggi appare molto più sicuro e spregiudicato.
Alcune vicende, secondo me, ne hanno fatto emergere gli aspetti caratteriali che appartengono alla natura degli uomini.
Stiamo assistendo, quindi, alla lenta ma inesorabile sua trasformazione da persona che si chiedeva ogni giorno, guardandosi allo specchio, come fosse stato possibile diventare premier, a persona convinta di essere lì non perché miracolata ma esclusivamente per le sue innate doti e infinite capacità.
Di questa metamorfosai ne sono dimostrazione l'ascriversi a suo esclusivo merito l'avere evitato la procedura di infrazione, la recente intervista a un quotidiano tedesco nella quale ha affermato di avere assicurato il Presidente della Commissione Europea che avrebbe raccomandato, da buon padre di famiglia, ai due vice premier di usare un linguaggio più rispettoso nei confronti dell'Unione e in ultimo l'essersi assunto la responsabilità del raddoppio dell'Iris per le Onlus o della "tassa sulla bontà", cosi come definita dal Presidente Mattarella.
Quest'ultima assunzione di responsabilità lungi dall'essere un atto di contrizione ha rappresentato l'atto con il quale Conte ha voluto sottolineare a Di Maio e Salvini che a parargli il culo è lui, che, ben sapendo la popolarità e l'alto consenso di cui gode, può permettersi di affermare che l'errore lo ha commesso solo lui e che nessuno gliene avrebbe fatto un torto.
Non siamo più in presenza, penso di uno yes man ma di una persona che ormai ritiene di essere il più bravo e furbo di tutti, entrato nel cuore degli italiani.
La domanda è se i due glielo lasceranno credere o decideranno di riportarlo a più miti consigli, ricordandogli i motivi che lo hanno condotto a Palazzo Chigi e a quel punto Conte dovrà decidere se è meglio un giorno da leone o una legislatura da pecorone



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