Il datore di lavoro che, approfittando della situazione del mercato di
lavoro a lui favorevole per la prevalenza dell'offerta sulla domanda,
costringe i lavoratori, con una larvata minaccia di licenziamento, ad
accettare un salario inadeguato rispetto al lavoro svolto e, più in
generale, condizioni di lavoro contrarie alle leggi e ai contratti
collettivi, va condannato per il reato di estorsione.
E' questo il principio di diritto ribadito dalla Corte di Cassazione
che, con la sentenza n. 4290 del 1° febbraio 2012, ha rigettato il
ricorso di un datore di lavoro, indagato per estorsione, con il quale
richiedeva la revoca degli arresti domiciliari.
Nel caso di specie, al momento della corresponsione del salario, i
lavoratori, da una parte, dovevano firmare una quietanza corrispondente
all'importo della busta paga e, dall'altra, dovevano poi restituire in
contanti la differenza pena l'immediato licenziamento ed il concreto
pericolo di non poter più trovare lavoro presso altri imprenditori a
seguito delle pressioni fatte dall'indagato affinché non li assumessero.
Le modalità sia dell'assunzione (pagamento inferiore a quello
contrattuale), sia delle modalità con le quali veniva corrisposto il
salario, configurano - si legge nella sentenza - da una parte,
l'elemento oggettivo della minaccia (o il lavoratore accettava non solo
di essere sottopagato ma anche di firmare una quietanza per una somma
superiore della quale, poi, doveva restituire la differenza, oppure non
veniva assunto o, se assunto, veniva licenziato) sia l'elemento
dell'ingiusto profitto da parte dell'indagato che, con le suddette
modalità, non solo otteneva che i dipendenti lavorassero per lui
sottopagati ma anche si tutelava dalle eventuali azioni civilistiche dei
lavoratori tese ad ottenere quanto loro dovuto.
Giusti dunque gli arresti domiciliari per l'imprenditore motivati dal
timore dell'inadeguatezza delle misure meno afflittive a garantire che
il soggetto non intervenisse ancora su persone che erano parte della sua
passata o presente vita aziendale.
Nessuna ambizione giornalistica, solo il desiderio di esprimere le mie riflessioni su alcuni fatti che accadono. Tutto è opinabile però. Sempre
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