Pubblico un articolo di Mario Calabresi, direttore de La Stampa sulle origini della crisi che stiamo vivendo. L'articolo è il primo capitolo di un ebook in vendita sul sito de La Stampa.
Spero che la lettura possa essere interessante e che faccia riflettere tutti sull'ingordigia e avidità delle persone e su quanti su queste debolezze si sono arricchiti
Buona lettura
Se
Claudia avesse continuato a fare la fotografa e non si fosse messa a
comprare appartamenti con vista sulla baia di Miami, Mario Monti oggi sarebbe
ancora un professore e non il Presidente del Consiglio italiano.
La
scintilla che ha acceso la grande crisi economica globale non parte da New York
nel settembre del 2008, con il fallimento della banca d’affari Lehman Brothers,
ma da Miami quasi due anni prima, quando, nel disinteresse e nell’incredulità
generale, comincia a scoppiare la bolla immobiliare che avvelenerà le banche di
tutto il pianeta.
Le nostre difficoltà di italiani partono da ben più lontano. Il nostro
debito pubblico è decollato a cifre abnormi già trent’anni fa, ma oggi anche
noi siamo parte di una crisi che comincia quando crolla il “mattone” americano.
Anche
questa è la classica storia che mescola in modo incontrollabile tutti gli
ingredienti che hanno formato ogni bolla economica della storia: sogni,
ignoranza, avidità, furbizia e mancanza di memoria.
L’America del dopo 11
settembre ha bisogno di rimettersi in piedi in fretta e per far ripartire il
motore dell’economia si affida alle costruzioni, settore con una capacità
trainante impressionante, e rispolvera il sogno clintoniano di un Paese di possessori
di case.
Per farlo non basta però costruire, ci vogliono bassissimi tassi
d’interesse e una politica dei mutui che li conceda a chiunque,
anche a chi non ha garanzie o risparmi.
L’unica cosa che è richiesto possedere è il
desiderio. Pur di piazzare prestiti gli agenti delle banche e delle finanziarie
riducono di mese in mese la cifra da versare come caparra, fino a raggiungere
lo zero: la casa sarà tutta a debito, bisogna solo dimostrare di avere uno
stipendio che permetta di pagare le prime rate.
Le rate dei primi tre o cinque
anni, poi si vedrà, poi il problema sarà di chi ha comprato quel credito, che
nel frattempo è stato mescolato ad altri e impacchettato in qualche prodotto
finanziario complesso che va a finire nella pancia delle banche o nelle tasche
dei risparmiatori di ogni angolo del pianeta.
L’ingordigia
di far soldi sulle commissioni, i premi ai venditori, i guadagni sui prodotti
finanziari e i tassi vicini allo zero sono benzina che tiene alta la fiamma
della crescita. I valori immobiliari salgono senza sosta, si crea e si diffonde
la sensazione che la casa possa essere usata come un bancomat, così chi è già
indebitato ogni anno passa alla banca per farsi dare un prestito pari alla
rivalutazione della sua villetta. “Se l’ho comprata un anno fa a 100 – dice il
ragionamento che si diffonde a macchia d’olio – e ho ottenuto un mutuo che mi
copriva tutta la cifra, quest’anno che vale 120 posso chiedere un ulteriore
finanziamento di 20 e pagare la scuola dei figli, le vacanze o cambiare la
macchina. Se poi non ce la faccio a pagare le rate nessun problema, vendo la
casa e restituisco tutto alla banca, nel frattempo ho vissuto bene come se
fossi in affitto.”
Nessuno
ha dubbi, nessuno pensa che i prezzi possano anche calare, che la storia ha
cicli e corsi, la mancanza di memoria e di prudenza diffonde la certezza che
questa volta la crescita sarà infinita, sarà per sempre.
D’altronde si teorizza
perfino che il rischio non esiste più, che i modelli matematici l’hanno
cancellato dalle contrattazioni di borsa.
Nell’euforia anche chi non ha risparmi comincia
a speculare: si fa fare un piccolo prestito e compra una casa sulla carta
versando solo l’acconto, poi, prima ancora che sia finita la rivende e incassa
l’aumento di valore creato grazie alla corsa verso l’alto dei prezzi. Ma
l’ingordigia non ha limiti.
E allora perché non comprare due, tre, quattro
appartamenti per aumentare i guadagni? Come in un casinò, in cui però sono
tutti convinti di vincere.
E qui entra in gioco l’ignoranza
vittima della furbizia: moltissimi acquirenti firmano contratti di cui hanno
chiaro solo il valore delle prime rate, non sanno e non gli viene spiegato che
per tre o cinque anni il costo mensile sarà fisso, perché fisso è il tasso, ma
poi il mutuo si trasformerà in variabile e la rata schizzerà alle stelle.
Si
chiamano ARM, Adjustable
Rate Mortgage, mutui a
tasso variabile, con un acronimo che significa anche arma, pistola.
Una
pistola puntata sulla crescita americana e sulla possibilità delle famiglie più
povere di continuare ad abitare la casa sempre sognata.
A rendere il tutto ancora più instabile ci
pensa la Federal Reserve, che per frenare l’inflazione, dopo aver teorizzato i
tassi a livello zero, tra la primavera del 2004 e l’estate del 2006 porta il
costo del denaro dall’1% al 5,25% attraverso ben 17 rialzi consecutivi dei
tassi stessi.
Si sta formando la tempesta perfetta: il
mercato comincia a essere saturo, si continua a costruire troppo, il debito
delle famiglie ha superato ogni record storico, i tassi sono saliti in fretta e
scoraggiano nuovi acquisti e i primi mutui ARM stanno arrivando al momento di
passaggio dalla rata fissa a quella variabile. La frana comincia alla fine del
2005, si gonfia nel 2006 ed esplode in tutti gli Stati Uniti nella primavera
del 2007.
Le famiglie cominciano a far bancarotta, non
sono più in grado di pagare la rata e cominciano i foreclosure, i pignoramenti. Si moltiplicano le
villette vuote con il cartello che annuncia la vendita o la messa all’asta
piazzato nel giardinetto di fronte all’ingresso. È la fine del sogno.
Ho girato l’America in ogni direzione proprio
mentre cominciava il crollo e ho ascoltato centinaia di storie, tutte simili,
tutte raccontate con incredulità e rabbia: “La mia casa valeva ormai 200 e io
avevo un mutuo per 170 e mi sentivo tranquillo, poi il mio vicino
non ce l’ha più fatta a pagare la rata e ha provato a vendere per salvare
qualcosa, per la paura di non riuscirci ha chiesto 190, poi 180, poi 170, ma
non ce l’ha fatta perché ha cominciato a diffondersi l’ansia e il mercato si è
paralizzato.
Così ha gettato la spugna e la banca che gliel’ha pignorata non si
è fatta scrupoli a metterla sul mercato a 150 e allora si è diffuso il panico e
ci siamo trovati tutti con un pugno di mosche in mano.”
Perché pagare le rate di qualcosa che perde
valore giorno dopo giorno? Questo è il ragionamento di molti e così in molti
smettono di onorare l’impegno e mollano la casa all’improvviso, distruggendo il
mercato e il tessuto sociale di interi quartieri. In California, sulle colline
dietro Los Angeles, ho sulle colline dietro Los Angeles, ho
incontrato un padre di tre ragazze distrutto dall’angoscia: aveva quasi finito
di pagare la sua bella villetta a schiera con tanto di piscina sul retro, ma
tutti i suoi vicini erano stati pignorati. La famiglia era circondata da case
vuote. Le piscine degli altri, degli amici da cui andavano a fare la grigliata,
erano ormai pozze maleodoranti e la notte tutto era diventato insicuro.
“Viviamo nella paura e nella desolazione, ogni rumore la notte ci sveglia e non
mi fido più a far tornare le ragazze tardi la sera. Finiremo per scappare anche
noi, ma è giusto abbandonare la propria casa come se fossimo in guerra, la casa
in cui ho messo i risparmi di una vita?”.
Nel giro di tre anni, tra il 2005 e il 2008
una famiglia su sei è finita sott’acqua – perché il mutuo da pagare è diventato
più alto del valore della casa – e il dramma è che la maggior parte di loro non
è più riemersa. Così l’America, dal New Jersey alla Florida, da Las Vegas a
Detroit, si è riempita di quartieri fantasma, arrivando a registrare una casa
vuota ogni nove.
Quei
mutui che nessuno paga più nel frattempo sono passati di mano in mano. Sono
finiti nel portafoglio delle banche di tutto il mondo e hanno contagiato la
finanza e i mercati. Ma soprattutto hanno ucciso la fiducia, hanno minato le
certezze e reso ogni investitore ansioso e spaventato. Una sindrome da cui non
siamo più guariti.
Ma esiste un luogo, si può identificare un punto preciso in cui tutto è
cominciato? Nell’autunno del 2008 sono andato a chiederlo a un premio Nobel per
l’economia, Joseph Stiglitz, che dopo averci pensato un po’ mi ha dato il suo
verdetto: “Il vero simbolo della speculazione e della bolla immobiliare sono i
quartieri di downtown Miami, quei palazzoni vuoti che
guardano la baia, è lì che devi andare.” In quell’area tra il 2003 e il 2010 la
follia speculativa ha portato a costruire 22.500 nuovi appartamenti, tutto in
uno spazio di soli sessanta isolati.
È
proprio in Florida che già nel gennaio del 2007 si era manifestata la crisi:
19.000 appartamenti pignorati in 28 giorni. Ma per essere ancora più precisi e
seguire alla lettera Stiglitz approfondisco la ricerca e scopro che esiste
Ma
per essere ancora più precisi e seguire alla lettera Stiglitz approfondisco la
ricerca e scopro che esiste una lunga via elegante che guarda il mare, Brickell
Avenue, dove alla fine del 2007 vengono abbandonati 54 appartamenti in meno di
una settimana. Stringo ancora e trovo il paziente zero, il simbolo della crisi
immobiliare americana: si chiama The
Club, è un condominio di
43 piani, alto 125 metri
e con la piscina sulla terrazza: qui si fa il record assoluto dei pignoramenti.
E nel giro di un anno gli agenti immobiliari sono costretti ad abbattere i
prezzi fino al 70%: un monolocale di 40 metri quadrati
con vista sulla baia al 33esimo piano viene dato via a 99mila dollari, meno di
70mila euro. E per piazzarlo ci vogliono mesi.
Claudia, la fotografa, aveva comprato qui
quattro appartamenti. Comprava e vendeva senza sosta, sempre facendosi prestare
i soldi dalle banche. Si era illusa che potesse durare all’infinito e che la
ricchezza fosse diventata un diritto per tutti. Ora vende rosari alla chiesa
cattolica di St. Jude, sull’angolo dove finisce Brickell Avenue. Alla fine del
percorso resta solo la carità del parroco che, per aiutarla, la domenica le fa
fotografare i matrimoni e le comunioni.
Oggi,
tre anni dopo l’aver toccato il fondo nel 2009, Brickell ha ricominciato a
splendere, sono tornati i clienti e le agenzie immobiliari hanno fatto
ridipingere i muri che la salsedine aveva scrostato. Ma non sono americani,
sono quasi tutti stranieri: sono i nuovi ricchi del mondo – brasiliani,
messicani, venezuelani, arabi – che grazie anche venezuelani, arabi
– che grazie anche al dollaro debole coronano il loro sogno americano. Questo
però accade solo in Florida o a Manhattan, nel resto del Paese, nell’America
profonda di provincia, il mercato non riparte ancora, la gente continua a
perdere la casa e i quartieri non si ripopolano. E finché la tua casa varrà meno
del mutuo non potrai ritrovare fiducia, non ricomincerai a consumare. È questo
il male profondo, insieme alla disoccupazione al 9%, dell’America di Obama. E
questo male ha risvegliato tutti gli altri, ha acceso i fari sui debiti, sulle
storture, sulla mancata crescita di ogni banca e di ogni Paese e così sono
venuti a galla anche i nostri di guai, quelli che angosciano il nostro presente
e ci impongono di ripensarci venezuelani, arabi – che grazie anche al
dollaro debole coronano il loro sogno americano. Questo però accade solo in
Florida o a Manhattan, nel resto del Paese, nell’America profonda di provincia,
il mercato non riparte ancora, la gente continua a perdere la casa e i
quartieri non si ripopolano. E finché la tua casa varrà meno del mutuo non potrai
ritrovare fiducia, non ricomincerai a consumare. È questo il male profondo,
insieme alla disoccupazione al 9%, dell’America di Obama. E questo male ha
risvegliato tutti gli altri, ha acceso i fari sui debiti, sulle storture, sulla
mancata crescita di ogni banca e di ogni Paese e così sono venuti a galla anche
i nostri di guai, quelli che angosciano il nostro presente e ci impongono di
ripensarci.
Abbiamo
pensato a questo libro per portarvi alla radice della nostra crisi e per farlo
c’era bisogno di partire da lontano, da quella strada dove tutti credevano di
aver trovato il paradiso e invece scendevano all’inferno.
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