mercoledì 2 dicembre 2020

Una riflessione sul Piano di Resilienza della Regione Siciliana

 

Abbiamo avuto modo di leggere il piano regionale per la ripresa e la resilienza preparato dalla Giunta di Governo della Sicilia e non abbiamo capito se si tratta di un documento ufficiale o del riuscito scherzo di un buontempone.

Mai avremmo immaginato di trovarci a leggere di un hub aeroportuale a Milazzo, del ponte sullo stretto di Messina o della realizzazione del porto di Marsala.

Sono tante e tali le perle in esso contenute che il dubbio è diventato certezza: delle due l’una o non hanno letto le carte o se lo hanno fatto non ne hanno compreso il significato.

Le risorse messe a disposizione dall’Unione Europea hanno quale obbiettivo quello di consentire ai paesi membri di determinare le condizioni per garantire una ripresa non solo stabile ma soprattutto sostenibile, con un occhio vigile e attento alle nuove generazioni.

Nulla di tutto ciò è riscontrabile nel documento del Governo Regionale.

Esso appare una cernita nemmeno molto attenta di progetti già inseriti in altri documenti di programmazione o nei diversi POR già, peraltro, finanziati con altri strumenti comunitari.

Anche la collocazione delle risorse appare quanto meno inappropriata se si pensa al 3,4 % per una Sicilia più sociale e solidale o al 3,70% per la sanità.

Se ha una sua giustificazione l’esiguo finanziamento della sanità, in considerazione che la gran parte degli investimenti trovano finanziamenti in altri strumenti, lascia basiti il finanziamento del welfare.

La pandemia ha messo in evidenza tutta la fragilità del nostro sistema di sicurezza sociale, che costruita negli anni 80 necessità di interventi strutturali che mettano al centro la persona, che facciano dell’innovazione e della sperimentazione di nuovi servizi la strada maestra da perseguire.

La gran parte delle risorse le troviamo concentrate nelle infrastrutture, sicuramente utili ma finanziabili con altre risorse.

No, non ci siamo.

Comprendo che il confronto non è mai agevole ed è pratica difficile ma che il governo abbia deciso di procedere da solo, immaginando di essere l’unico soggetto in grado di disegnare la Sicilia che vorremmo che fosse, mi sembra quello che gli economisti definiscono un azzardo morale.

Ci saremmo attesi una discussione aperta che coinvolgesse la collettività siciliana invece ci troviamo un documento senza visione, senza un’anima, senza futuro.

E’ logico chiedersi se riusciranno i nostri eroi a spendere – e bene – il Next Generation Europe?

Senza dimenticare che condizione fondamentale per il finanziamento degli interventi siano immediatamente cantierabili e che la loro realizzazione deve trovare conclusione entro il 2023.

In caso contrario è fare un torto all’intelligenza dei siciliani.

Non ce lo meritiamo. Del resto anche il prestigioso The Economist nella recente intervista fatta al presidente Musumeci ha rilevato l'irrealizzabilità del piano della regione ma soprattutto ne ha rilevato la vacuità.

Per passare dalle parole ai fatti servono riforme, risorse umane qualificate, comprensione delle regole europee e sinergie a tutti i livelli. La strada non è facile e se le premesse sono quelle del documento regionale crediamo sarà impossibile percorrerla.

Scrivere un piano di sviluppo, vorremmo ricordare, non è scrivere un’ordinanza, è fatica, studio, visione. Ciò che fino adesso è mancato.

Credo che la società civile siciliana sia pronta a cogliere la sfida, l’augurio è che anche il Governo regionale lo sia ma soprattutto lo voglia.


Il piano di ripresa e di resilienza della Giunta Regionale

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