Presentati i dati dell'Ossevatorio sul lavoro "Atipico" dell'Associazione 20 maggio - Tutelareilavori
Il rapporto è stato curato dal prof. dal Prof. Patrizio Di Nicola
Dai dati elaborati dal Prof. Patrizio Di Nicola emerge chiaramente un mondo del lavoro atipico molto importante economicamente.
Ammontano, infatti, a 25.781.443.002
di € i compensi dei lavoratori parasubordinati nel 2011, a cui si
aggiungono 5.297.852.914 di € dei Professionisti con partita Iva
iscritti alla gestione separata, per oltre 31 miliardi di compensi percepiti.
Molto importanti per la tenuta del welfare, inoltre, sono
i 5.771.609.739 di contributi versati ogni anno dai lavoratori
parasubordinati e dai loro committenti a cui vanno sommati i
1.260.338.349 versati interamente dai professionisti con Partita Iva.
Sono circa 7 miliardi di Euro di contributi versati all’Inps ogni anno.
I più trascurati dal welfare
Nonostante questo grande apporto
economico si denotano: compensi molto bassi; scarse tutele sociali in
caso di malattia, maternità, infortunio e, pur avendo perso in 5 anni di
crisi oltre 207 mila posizioni lavorative, sono gli unici a non aver beneficiato di nessun tipo di ammortizzatore sociale.
Rilevanti numericamente.
I lavoratori “atipici” iscritti alla gestione separata sono una parte molto rilevante del mondo del lavoro, 1.745.999 individui, ma non sono realmente considerati in termini di futuro previdenziale, tutele sociali e diritti.
Malgrado esistano per l’Inps da oltre 17 anni e siano una parte stabile del lavoro anche da prima del 1996 vengono percepiti come un fenomeno perennemente transitorio.
Tale disattenzione per questa parte
del mondo del lavoro, fatta di giovani e adulti fortemente scolarizzati,
specializzati e con una componente femminile molto ampia, dipende
dall'errata percezione che sia un fenomeno transitorio e, quindi, non
degno di attenzione, regolazione, sostegno.
Disegualianze ed ingiustizie.
Le donne sono il 42% fra i
parasubordinati compresi quelli che hanno altri redditi (come
dipendenti, come autonomi, come imprenditori o come pensionati) ma
diventano il 50,38% se si prendono in considerazione i soli lavoratori
parasubordinati “esclusivi” (chi non ha altri redditi diversi da quelli
per cui si versano contributi alla Gestione Separata Inps).
Dai dati emergono chiaramente che, a
parità di lavoro, esistono forti differenze retributive con il lavoro
subordinato la cui media dei compensi è molto più alta.
Sono però le differenze retributive di genere che sono ingiustificati e inaccettabili e toccano punte di 13 mila € di compenso in meno nella fascia d’età tra 40 e 59 anni tra i parasubordinati a sfavore della componente femminile.
Le differenze sono più odiose quando
si tratta di lavoratori “esclusivi” (chi ha solo redditi inseriti nella
gestione separata Inps).
Fra i collaboratori a progetto, ad
esempio, che hanno solo questo tipo di lavoro e di reddito si rileva una
media di compensi di 8,290 € annui (più di due volte inferiore alla
media dei compensi dei dipendenti) e le collaboratrici poco più di 6
mila € di reddito annuo cioè ben 4.129€ annui in meno dei loro colleghi
maschi.
Come si vedrà nel dettaglio questa
odiosa differenza si accompagna a quelle in base all’area geografica ma
anche in relazione all’età.
Diversamente giovani
Pur essendo considerate generalmente
attività legate alla condizione giovanile la media età tra i
parasubordinati si aggira attorno ai 40 anni.
La fascia d’età dove è concentrato il maggior numero di lavoratrici e lavoratori è quella tra i 30 e i 49 anni (699.828) seguita da quella over 50 (430.052) e quella fino a 29 anni (334.860).
La fascia d’età dove è concentrato il maggior numero di lavoratrici e lavoratori è quella tra i 30 e i 49 anni (699.828) seguita da quella over 50 (430.052) e quella fino a 29 anni (334.860).
Questo dato conferma che queste
attività sono tra le principali occasioni d’accesso al lavoro dei
giovani ma che poi diventano sempre di più una condizione permanente o,
almeno, si ripropongono costantemente nell’arco di tutta la vita
lavorativa.
208 mila posti di lavoro persi in 5 anni
Nel lavoro parasubordinato si sono
persi dal 2007 ad oggi 207.881 posti di lavoro di cui 175 mila solo tra i
collaboratori. Purtroppo non sono stati, nella stragrande maggioranza
dei casi, trasformazioni in posti di lavoro stabile o almeno meglio
tutelato.
Al contrario questi posti di lavoro si
sono persi verso la disoccupazione, verso l’apertura di partite iva
individuali (confermato dal contemporaneo aumento delle partite iva
iscritte alla stessa gestione separata + 59 mila), verso forme di lavoro
ancora meno controllate e visibili nelle statistiche come le
collaborazioni occasionali con ritenuta d’acconto o, in alcuni settori,
la cessione dei diritti d’autore e, probabilmente, una quota verso il
lavoro nero.
L’aggravante di questa enorme perdita
di lavoro è che ha riguardato lavoratori spesso laureati e mediamente
giovani senza che ci fosse nessun ammortizzatore sociale durante tutta
la crisi e, questo fatto, stride fortemente se paragonato ai giusti ed
enormi sforzi fatti per sostenere il reddito di tutte le altre
componenti del lavoro durante questi ultimi 5 anni.
I professionisti con partita iva individuale
Tra i professionisti con Partita Iva individuale iscritti alla gestione separata la situazione è leggermente differente.
Intanto se tra i parasubordinati
“esclusivi” la componente femminile è addirittura maggiore (485 mila su
477 mila maschi) tra i professionisti la componente maschile è
prevalente con
173 mila individui contro i 108 mila di quella femminile.
Gli effetti della crisi e delle normative di regolazione delle sole collaborazioni.
Come dicevamo i contribuenti attivi
per ogni anno possessori di partita iva sono passati dai 222.571 del
2007 ai 281.259 del 2011 con un aumento di poco meno di 59 mila partite iva.
E’ la dimostrazione che il fenomeno di travaso tra le collaborazioni
coordinate e continuative e altre forme di lavoro a partire dalle
partite iva è iniziato ben prima della Riforma Fornero con l’aumento dei
contributi del 2007 e poi proseguito negli anni a venire e con i giusti
tentativi di diminuire la possibilità d’abuso sulle collaborazioni a
progetto.
La riforma Fornero ha solo aggravato
ulteriormente questo aspetto continuando a commettere lo stesso errore
del passato. Regolare una sola forma di lavoro atipico o precario
lasciando mano libera e minori costi sulle molteplici altre forme d’im
piego a disposizione dei datori di lavoro e lasciando ai minimi termini
la possibilità di regolazione delle parti sociali che poteva e può
essere una delle poche vie d’uscita per coniugare la tenuta e la
compatibilità economica verificata settore per settore, con una graduale
ma incontrovertibile estensione dei compensi e, soprattutto, dei
diritti e delle tutele sociali che possono fare la differenza fra un
lavoro imposto ed odioso e un lavoro dignitoso e valorizzato
professionalmente.
Da notare è anche un aumento del 73%
delle partite iva over 60 che probabilmente provengono in gran parte dal
lavoro subordinato e, dopo l’espulsione dal lavoro, hanno avuto come
unica via d’uscita quella di diventare lavoratori autonomi.
Differenze retributive
Anche tra i professionisti con Partita
Iva si denota una vistosa differenza di genere nelle retribuzioni fra
donne e uomini, anche se di entità inferiore rispetto ai parasubordinati
e ai collaboratori a progetto, sia in media (6 mila €) sia rispetto al
crescere dell'età dei professionisti dove la differenza massima si
avvicina ma non raggiunge i 7.000 € tra i 40/59 anni.
Forse a sorpresa la differenza
retributiva di genere tra i compensi è maggiore nel Veneto con 6.708 €
annui in meno per le donne rispetto ai loro colleghi maschi mentre la
differenza tra i generi minore si trova nelle regioni del sud dove,
però, sono inferiori anche i compensi di entrambi i sessi.
In sostanza una professionista Veneta
percepisce in media come un suo collega in Sardegna oppure una
lavoratrice ligure o toscana ha un compenso inferiore ad un suo collega
maschio che vive in Sicilia o Basilicata.
Ingiustizia per legge: i redditi delle partite iva e gli aumenti dei contributi Inps.
Nessuno può condividere, come si vede
in tabella di pag. 22, una scelta che porta il netto disponibile di un
soggetto che ha un reddito di 1.000 euro al mese dai 545 € attuali a 485
€ mensili dopo il completamento dell’aumento dei contributi Inps oppure
quello di un soggetto che realizza un reddito di 2.000 euro lordi al
mese e poi se ne ritrova in tasca 960 oggi e 840 € mensili quando l’aumento dei contributi sarà a regime.
Tutto ciò è ancor meno concepibile se si raffrontato gli stessi redditi con quelli dei dipendenti a cui rimangono netti 811 € su mille lordi di partenza e 1.421 € su duemila lordi iniziali.
Parliamo di lavoratori con partita iva
individuale che lavorano prevalentemente per imprese private e
pubbliche a cui fatturano fino all’ultimo centesimo.
La palese ingiustizia verso le partite
iva “esclusive” (iscritte solo alla gestione separata Inps) che oggi
versano da sole il 27% del loro reddito deriva anche dal fatto che
inspiegabilmente versano più contributi di ogni altro contribuente
autonomo (commercianti ed artigiani pagheranno il 24% fra 6 anni) e più
dei datori di lavoro per i loro dipendenti, la cui contribuzione si
ferma al massimo al 24%.
Occorre valutare seriamente, per non
perdere altra forza lavoro soprattutto giovanile e fortemente
scolarizzata, di soprassedere all'aumento della contribuzione della
gestione separata anche solo per i prossimi due anni ma soprattutto
interrompere ogni aumento in via definitiva per le partite iva
“esclusive”.
Questa misura di giustizia
contributiva sulle partite Iva riguarderebbe 195.222 persone (dati Inps
2011) che versano 3.700.651.794€ di contributi annui a fronte di un
minore incremento del gettito (a gettito attuale invariato) di soli 37
milioni di € annui.
Dal sito www.tutelareilavori.it
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