In questi giorni di dura polemica sulle "infiltrazioni" mafiose nelle manifestazioni pacifiche, tenute a Niscemi, contro l'istallazione del sistema Mous, mi è venuto in mente l'articolo che Leonardo Sciascia pubblicò sulle colonne del Corriere della Sera il 10 gennaio 1987.
L'articolo, alcuni lo ricorderanno, suscitò un vespaio di polemiche. Sciascia fu additato quasi come sodale di un'associazione mafiosa. Eppure, le sue provocazioni ci hanno sempre aiutato a comprendere meglio ciò che avveniva attorno a noi.
Ricordate, il suo nè con lo stato, nè con le brigate rosse?
Qualcuno poteva dire che Sciascia fosse un terrorista? Fu messo in croce, indicato quale fiancheggiatore.
O il suo libro, L'Affaire Moro, che raccoglieva la relazione di minoranza della Commissione parlamentare d'inchiesta sul caso Moro?
Sarebbe bello che questo articolo fosse letto con attenzione da quanti hanno costruito carriere folgoranti, solo per essersi autodefiniti antimafiosi e dal pulpito raggiunto, oggi, concedono o ritirano la patente di antimafiosità.
So bene che ci inoltriamo su un terreno molto ma molto scivoloso e non voglio mettere in dubbio l'impegno di contrasto al fenomeno mafioso di tanti.
Quello che non mi sento più di accettare è che la dialettica politica venga ridotta ad un semplice quanto odioso "se non sei con me, sei con la mafia".
Questo lo dobbiamo ai tanti, e sono la stragrande maggioranza, che in silenzio, senza scorta, senza finire sulle prime pagine dei giornali, danno il contributo a rendere migliore questa Sicilia.
Come quelle ragazze, quei ragazzi, quelle donne, quegli uomini normali e quelle mamme che lottano per contrastare l'istallazione Mous a Niscemi.
E che si sentono offesi dalle parole del Presidente Crocetta.
La documentatissima analisi dello storico inglese Christopher Duggan sul fenomeno criminale sotto il regime mussoliniano - Anche nel sistema democratico può avvenire che qualcuno tragga profitto personale dalla lotta alla delinquenza organizzata - Uomini pubblici che esibiscono a parole il loro impegno contro le cosche e trascurano i propri doveri amministrativi
SOMMARIO: Due autocitazioni, da "Il giorno della civetta" e da "Ciascuno il suo", per chiarire cosa egli pensi, da sempre, sulla mafia. Segnala poi il libro recentemente uscito in Italiano, di uno storico inglese che ha studiato la mafia sotto il fascismo, non tanto in quel che essa era in sé ma per ciò che se ne pensava intorno (Christopher Duggan, "La mafia durante il fascismo"). Purtroppo, a nulla servono i buoni libri (neanche i suoi due, citati all'inizio) per far apprendere una "dolorosa e in qualche modo attiva coscienza del problema"; anche i suoi, forse, sono stati letti tutt'al più "en touriste", alla ricerca del "lieto fine". Ma quando Luigi Sturzo, nel 1900, scrisse un dramma sulla mafia, esso non aveva - già allora - un lieto fine. Poi, a don Sturzo è succeduta la DC, un partito "a dir poco indifferente al problema".
Storicamente, in Sicilia, il fascismo stentò a sorgere dove il socialismo era debole. E la mafia, che aveva impedito lo sviluppo del socialismo, era già fascismo. Tanto che essa cominciò a temere certe manifestazioni più intransigenti e "rivoluzionarie" di settori del fascismo, degli ex-combattenti, dei giovani nazionalisti, ecc., temuti anche dal fascismo agrario del nord: come è il caso di Alfredo Cucco, fascista di linea radical-borghese, arrestato dallo stesso fascismo. In Sicilia ci fu uno scambio, tra il fascismo ed agrari ed esercenti di zolfare; il fascismo dava loro sicurezza, ma questi dovevano liberarsi delle frange criminali. Questa fu opera del prefetto Mori, uomo di gran senso del dovere verso lo Stato, che così venne favorendo le aree fasciste conservatrici a danno delle più "progressiste".: insomma, con Mori si ha il paradosso di una "antimafia" come "strumento del potere". Qualcosa di simile può succedere anche oggi: chi rimprovererà un sindaco che si occupi di mafia magari trascurando di amministrare la sua città? In altro campo, c'è da segnalare un episodio che ha visto il dottor Paolo Borsellino scavalcare, nell'assegnazione al posto di procuratore della repubblica di Marsala, un altro concorrente più anziano, perché questi non era stato mai incaricato di processi contro la mafia..