martedì 21 agosto 2012

Il nuovo Sudafrica?

Il 16 Agosto scorso le forze dell’ordine Sudafricane hanno perpetuato un massacro contro i minatori in sciopero. É accaduto nel nord-ovest del Paese: nella cittá mineraria di Marikana presso la miniera di platino della Lonmin a circa un centinaio di chilometri da Johannesburg. La regione detiene l’80% delle riserve mondiali di platino e gli Stati Uniti sono i piú importanti importatori di questo minerale.
Nel tentativo di disperde la folla di minatori in sciopero, la polizia ha aperto il fuoco con le armi automatiche sparando ad altezza uomo. Inizialmente il bilancio ufficiale era di 18 vittime. Con il passare del tempo il Governo Sudafricano é stato costretto ad ammettere che almeno 34 minatori sono caduti sotto il fuoco della polizia. I feriti sarebbero78 mentre un centinaio di scioperanti sarebbe stati arrestato.
Quello che viene defitito dal Governo come un eccessivo uso della forza, agli occhi della popolazione é una brutale repressione del diritto di sciopero perpetuato in nome degli interessi delle multinazionali minerarie Sudafricane, controllate dall’elite industriale di origine Boera. Il massacro di Marikana ha immediatamente preso una profonda connotazione politica e razziale, inserendosi nell’aspra lotta di classe in atto nel Paese dal 2011 e nella lotta politica tra la gioventú dell’African National Congress e del sindacato COSATU che intenderebbero attuare il progetto politico originario del ANC che prevedeva un’economia socialista.
Nonostante il Presidente Jacob Zuma abbia promesso una seria indagine e di punire senza esitazione i responsabili di questo atto insensato, il massacro di Marikana viene giá equiparato a quello tristemente noto di Soweto, nel giugno 1976 dove le forze dell’ordine Boere spararono sui manifestanti uccidendo centinaia persone. Anche se l’eccidio dei minatori non ha raggiunto tali portate si tratta della prima strage ad una manifestazione dalla fine dell’Apartheid. Il massacro di Soweto segnó il punto di non ritorno per la lotta dell’apartheid. Quello di Marikana rischia di essere il punto di non ritorno della frattura tra la dirigenza storica dell’ANC e la maggioranza della popolazione nera che l’accusa di aver tradito gli ideali della lotta di liberazione. 
Con questo eccidio il Sud Africa non ha solo subito un duro colpo di immagine a livello internazionale - che potrebbe ripercuotersi sugli investimenti stranieri nel Paese - ma ha registrato l’inasprimento dello scontro di classe in atto, con il leader della gioventú del ANC Julius Maniema (espulso dal partito nel 2011) e il Cosatu (Congresso dei Sindacati Sudafricani) intenzionati ad andare fino in fondo nella lotta, per abbattere un’Apartheid secondo loro tutt’ora esistente nel Paese, sul piano economico.
Il Governo sta tentando di presentare il massacro come un episodio isolato dove le forze dell’ordine avrebbero perso il controllo della situazione perchè terrorizzate da una folla di manifestanti ostili armati di bastoni e machete La presenza di armi bianche tra i minatori rimane però tutt’ora da dimostrare: il sindacato nega categoricamente l’uso di machete mentre conferma la presenza di bastoni, ma in dotazione solo al serivizio d’ordine interno alla manifestazione.
Lo sciopero della Lonmil dura dal marzo scorso quando 17.000 addetti alla perforazione della roccia hanno iniziato uno sciopero ad oltranza chiedendo stipendi piú alti (1.200 Euro al mese rispetto agli attuali 400) e migliori condizioni lavorative soprattutto per quanto riguarda le misure di sicurezza.
Lo sciopero aveva bloccato la produzione diminuendo drasticamente le importazioni di platino degli Stati Uniti. Per il suo impatto economico il movimento operaio di Marikana era stato definito un problema di sicurezza nazionale all’interno della cerchia ristretta della vecchia guardia dell’ANC guidata dal Presidente Zuma.
Il movimento stava mettendo in evidenza che a distanza di 18 anni dalla liberazione del Paese le condizioni di lavoro non erano migliorate rispetto a quelle sotto il precedente regime razziale. Un pesante atto di accusa all’ANC che aveva intaccato l’immagine rivoluzionaria del partito celebrata attraverso costosissime operazioni di marketing internazionale come le celebrazioni del Centenario dalla fondazione o il novantesimo anniversario di Nelson Mandela.
I minatori di Marikana stavano inoltre rafforzando lo scontro di classe nel Paese e la posizione di Maniema. Dinnanzi a questi pericoli la direzione del ANC aveva deciso di intervenire fermamente. Dopo i falliti tentativi di negoziazione e compromessi con il sindacato il Governo, attraverso un giudice locale, aveva definito lo sciopero illegale, permettendo alla compagnia sudafricana titolare della miniera (la Impala Platinum Holdings Ltd) di licenziare i scioperanti sostituendoli con altri lavoratori pescati dall’immenso serbatoio della disoccupazione giovanile sudafricana che si aggira attorno al 50%.
Durante lo smantellamento dei presidi sindacali davanti alla miniera tre scioperanti furono picchiati e pugnalati a morte dalle guardie private della compagnia senza che quest’ultima subisse conseguenze giuridiche. Nonostante la perdita del lavoro i minatori hanno continuato lo sciopero e i picchetti compromettendo seriamente la produzione.
Per molti analisti africani il massacro di Marikana non é dovuto da un atto insensato delle forze dell’ordine. A far perdere il controllo, arrivando a questa situazione estrema, sarebbe proprio il Governo. L’’eccidio’, perpetuato con le stesse tecniche utilizzate dalla polizia razziale Boera, ha distrutto i tentativi in atto di creare una collaborazione tra sindacati ed imprenditori sullo stile di quelle attuate nei Paesi Europei per regolamentare il conflitto di classe.
Per ottenere questo obiettivo il Presidente Zuma aveva tentato di utilizzare tutta la sua influenza sulla alleanza tripartitica al governo: ANC, Cosatu e il Partito Comunista Sudafricano (SACP). Obiettivo contrastato dallo stesso sindacato e dall’ala giovanile del ANC guidata allora da ManiemaLe forze sindacali, in prima linea il potente sindacato minerario affiliato al Cosatu, National Union Metalworkers of South Africa (NUMSA), nel dicembre 2011 avevano dichiarato che non poteva esserci una cooperazione di classe in quanto gli industriali volevano imporre un’agenda chiaramente neoliberalista.
Il leader dell’Unione Sindacale Zwelinsima Vavi aveva dichiarato senza mezzi termini che la classe operaia sudafricana (in maggioranza nera) subiva devastanti forme razziali nei posti di lavoro e che lo sfruttamento dei lavoratori neri che caratterrizzava il regime dell’Apartheid boera stava tutt’ora continuando. La responsabilitá fu addossata al ANC per non aver mai introdotto serie regolamentazioni del lavoro e una reale politica salariale. 
Dal 2011 si sono succeduti decine di scioperi soprattutto nel settore tessile, manifatturiero e minerario, che hanno contribuito a rallentare la produzione, diminuire l’esportazione, i profitti e il PIL.
Secondo quanto riportato sul mensile ’The Africa Report’ del febbraio 2012 da Johan van der Merwe, direttore generale del Dipartimento dello Sviluppo Economico, la produttivitá del settore manifatturiero era diminuita del 80% a causa del conflitto di classe in atto.
Nel settore minerario (che rappresenta il 50% dell’esportazioni) la produttivitá era scesa al 60%. L’ondata di scioperi economici si sta sempre piú associando a rivendicazioni politiche grazie all’elevata consapevolezza di classe che storicamente gli operai sudafricani possiedono. Nazionalizzazione delle multinazionali, riforma agraria, controllo operaio dell’economia e, infine, socialismo, non sono piú limitati alla propaganda ideologica, definita estremista, dell’ex leader della gioventú ANC, Maniema. Sono argomenti comuni tra i lavoratori e la maggioranza della popolazione nera Sudafrica.
Il partito rivoluzionario e liberatore del Paese é sommerso da scandali finanziari, lotte di potere intestine, privilegi inauditi. La vecchia guardia rivoluzionaria sembra non aver migliorato le condizioni di vita della maggioranza della popolazione ma salvaguardato i privilegi della minoranza Boera mantenendo cosí inalterata l’Apartheid economica, tramite un patto informale tra Nelson Mandela e l’ultimo presidente Boero, Botha. In cambio l’ANC avrebbe ottenuto il potere e la possibilitá di creare una modesta elite nera privilegiata economicamente.
Questo perlomeno é il pensiero che circola apertamente nel Paese. Queste accuse sembrano non essere il frutto del rancore della popolazione nera. Troverebbero conferme ufficiali, come l’intervista fatta a Botha da ’Al-Jazeera’ nel maggio scorso dove l’ultimo Presidente Boero ha defitivo Nelson Mandela come il garante della stabilitá della Nazione salvata dai pericoli di estremismo comunista, alludendo proprio al famoso accordo tra i due leaders.
Il Ministro della Finanze Gordhan nel marzo scorso aveva avvertito la dirigenza del ANC che se le forze estremiste ed ostile all’interno del partito e del sindacato non fossero state debellate e le condizioni delle masse migliorate, la rivolta popolare che portó alla rivoluzioni nel Nord Africa dovera essere considerata come imminente in Sud Africa. Il massacro di Marikana sembra trasformare questo rischio in una seria prospettiva a medio termine con profonde conseguenze nazionali, continentali. Il Sudafrica potrebbe essere il primo membro del BRICS ad implodere a causa delle fino ad ora irrisolte disuguaglianze sociali.
Intanto sciopero dei minatori licenziati continua, come rinvigorito da una determinazione e una rabbia raddoppiate. I caduti sono giá stati mitizzati come eroi della classe operaia Sudafricana alla stessa stregua dei martiri per la lotta contro l’Apartheid.
Julious Maniema, estremamente rafforzato da questo eccidio, ha invitato il Presidente Zuma a dimettersi. Invito che sembra essere condiviso da una grande percentuale della popolazione che intende riprendere in mano le redini dell’ANC. Tra la classe operaia sudafricana si sta diffondendo la sensazione che se la dirigenza del ANC é stata costretta a ricorrere ai metodi di repressione del regime razziale contro la popolazione nera, questo evidenzia che é terrorizzata dalla possibilitá di perdere il potere ed intenzionata a mantenerlo a tutti i costi.

Dal sito www.lindro.it

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